Vini della Romagna: Un Viaggio tra Storia, Gusto e Tradizione

La Romagna è terra di sapori autentici e tradizioni millenarie, e i suoi vini ne sono un esempio perfetto. Dai rossi intensi ai bianchi freschi, questa regione offre un’ampia varietà di vini che raccontano la storia e il carattere del suo territorio. Il vino in Romagna trasmette il sapore di questa terra, la schiettezza, la passione, il carattere e l’accoglienza della sua gente.

Nelle righe che seguono esploreremo i vini più rappresentativi della Romagna, dalle loro origini ai migliori abbinamenti gastronomici:

  • Sangiovese di Romagna;
  • Trebbiano di Romagna;
  • Albana di Romagna;
  • Cagnina di Romagna;
  • Pagadebit di Romagna;
  • Burson;
  • Centesimino.

Romagna terra di vino

La Romagna è una terra di vino per una combinazione di fattori storici, geografici e culturali che hanno favorito la viticoltura nel corso dei secoli, quali:

  • Condizioni climatiche e geografiche favorevoli grazie ad un clima temperato, con estati calde e inverni miti, ideale per la coltivazione della vite. La varietà dei terreni, dalle colline argillose alle pianure sabbiose, permette la coltivazione di diverse varietà di uva.
  • Tradizione vitivinicola ha radici antiche, risalenti all’epoca degli Etruschi e dei Romani. Nel corso dei secoli, la coltivazione della vite è stata tramandata di generazione in generazione, diventando parte integrante della cultura locale.

Storia del vino in Romagna

Le prime testimonianze della viticoltura in Romagna risalgono all’epoca degli Etruschi, che introdussero la coltivazione della vite nella regione.

In epoca romana, la Romagna era una importante zona di produzione vinicola, con vini apprezzati in tutto l’impero.

Nel Medioevo, la viticoltura continuò a prosperare, grazie al lavoro dei monaci benedettini, che contribuirono a migliorare le tecniche di coltivazione e produzione del vino.

Nel corso dei secoli successivi, la viticoltura romagnola ha subito alti e bassi, ma ha sempre mantenuto un ruolo importante nell’economia e nella cultura della regione. Oggi la Romagna è una regione vinicola di eccellenza, con vini che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale e internazionale.

Sangiovese di Romagna: Il Re dei Rossi

Il Sangiovese di Romagna DOC è il vino simbolo della regione. La sua storia affonda le radici nell’epoca romana, ma fu nei monasteri medievali che la sua coltivazione si diffuse maggiormente. È un vino strutturato e deciso, con aromi di frutti rossi, viola e spezie.

Zona di produzione

Le colline della Romagna, da Imola fino a Rimini, sono il cuore della produzione del Sangiovese. Ogni zona dona caratteristiche uniche: più morbido a Bertinoro, più minerale nelle colline di Modigliana.

Curiosità: Si dice che il nome “Sangiovese” derivi da “Sanguis Jovis” (sangue di Giove), a testimonianza della sua antica nobiltà.

Abbinamenti: Pasta al ragù, grigliata di carne, formaggi stagionati.

Trebbiano di Romagna: Il Bianco della Tradizione

Il Trebbiano di Romagna DOC è un vino bianco fresco e leggero, con note agrumate e floreali. È uno dei vitigni più antichi d’Italia, citato già in epoca romana.

Zona di produzione

Si trova in tutta la Romagna, ma eccelle nelle zone di Castrocaro, Faenza e Cesena.

Curiosità: I Romani lo usavano per produrre il “Vinum Trebulanum”, descritto da Plinio il Vecchio.

Abbinamenti: Perfetto con piatti di pesce e verdure grigliate.

Albana: Il Primo DOCG d’Italia

L’Albana di Romagna DOCG è un vino storico, il primo bianco in Italia a ottenere la denominazione DOCG nel 1987.

Più conosciuta e diffusa nella sua variante dolce e passita, l’Albana può essere gustata anche secca

Zona di produzione

Bertinoro è considerata la patria dell’Albana, ma si coltiva anche tra Forlì, Cesena e Faenza.

Curiosità: Secondo la leggenda, Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, rimase incantata dal sapore di questo vino servitole in un’umile coppa di terracotta e disse: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!” da qui nacque il nome della culla dell’Albana, Bertinoro

Abbinamenti: Pastasciutta con ragù bianco, formaggi erborinati, pasticceria secca.

Cagnina: Il Vino Dolce e Fruttato

La Cagnina di Romagna DOC è un vino rosso dolce, con note di frutti di bosco e spezie. Deriva dal vitigno Refosco ed è un vino da bere giovane.

Zona di produzione

Si trova nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena.

Curiosità: In passato era il vino della vendemmia, bevuto dai contadini per festeggiare il raccolto.

Abbinamenti: Castagne arrosto, ciambella romagnola.

Pagadebit: Il Bianco “Salvagente”

Il Pagadebit di Romagna DOC è un vino bianco secco e profumato, il cui nome deriva dalla sua capacità di garantire sempre un raccolto abbondante, permettendo ai contadini di “pagare i debiti”.

Zona di produzione

Diffuso nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna.

Abbinamenti: Piadina con squacquerone e rucola, primi piatti a base di pesce.

Bursôn: Il Rosso di Carattere

Il Bursôn, ottenuto dall’uva Longanesi, è un vino rosso potente e strutturato, riscoperto solo nel XX secolo.

Zona di produzione

È tipico della Bassa Romagna, in particolare della zona di Bagnacavallo.

Abbinamenti: Brasati, selvaggina, piatti robusti.

Centesimino: Il Tesoro Nascosto

Il Centesimino è un vitigno autoctono di Faenza, con aromi di rosa, frutti rossi e spezie.

Zona di produzione

Faenza e dintorni.

Curiosità: Deve il nome a Pietro Centesimino, il viticoltore che lo salvò dall’estinzione.

Abbinamenti: Salumi, formaggi stagionati.

Dove degustare i vini della Romagna

Se vuoi scoprire questi vini direttamente dai produttori, ti consiglio di visitare alcune cantine locali. Tra le migliori esperienze enoturistiche in Romagna ci sono:

  • Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e Cesena
  • Le cantine di Bertinoro, patria dell’Albana
  • Le colline di Brisighella, tra olio e vini pregiati
  • Le aziende vitivinicole di Modigliana, terra del Sangiovese di montagna

Curiosità

C’è un detto in Romagna che cita:

Questo detto, cattura perfettamente l’essenza della Romagna, una terra dove il vino è parte integrante della cultura e della tradizione. Ecco alcune considerazioni su questo detto:

  • Radici profonde: La Romagna vanta una lunga storia di produzione vinicola, con vitigni autoctoni come il Sangiovese, l’Albana e il Trebbiano che prosperano in questo territorio. Il vino è sempre stato presente sulle tavole romagnole, accompagnando i pasti e le occasioni di festa.
  • Ospitalità e convivialità: Offrire vino è un gesto di benvenuto e di condivisione, tipico dell’ospitalità romagnola. Il vino è un elemento che favorisce la socializzazione e la convivialità, creando un’atmosfera di calore e amicizia.
  • Identità territoriale: Il vino è un simbolo dell’identità romagnola, un elemento che lega la popolazione alla propria terra e alle proprie tradizioni.
  • Il vino come bevanda per eccellenza: Come già detto, il vino è profondamente radicato nella tradizione romagnola, è visto come la bevanda “naturale” e preferita, simbolo di convivialità e ospitalità.
  • inoltre In passato, l’acqua non sempre era potabile e sicura. Le fonti d’acqua potevano essere contaminate da batteri e altre sostanze nocive, causando malattie.

La Romagna non è solo una terra di piadine e mare, ma anche di vini straordinari che raccontano la storia e la passione di questa regione. Se sei un amante del buon vino, non puoi perderti un tour enogastronomico tra le colline romagnole!

E tu, hai mai provato uno di questi vini? Raccontaci la tua esperienza nei commenti!

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Cappelletti: un simbolo della cucina romagnola

Se c’è un piatto che racconta la Romagna autentica, quello è senza dubbio il cappelletto. Protagonista dei pranzi domenicali e delle festività, il cappelletto in brodo è una tradizione che resiste al tempo. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un piccolo cappello, ma attenzione a non confonderlo con il tortellino bolognese, con cui ha molte differenze.

In questo mio scritto ti farò scoprire la storia di questa specialità, le sue peculiarità rispetto al tortellino e, naturalmente, ti lascio la ricetta autentica per prepararlo a casa.

Storia e origini dei cappelletti romagnoli

I cappelletti hanno una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo.

La prima testimonianza scritta risale al XV secolo, ma è nel XIX secolo, con il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, che il piatto trova la sua consacrazione. Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrive una ricetta dei cappelletti romagnoli, evidenziandone il ripieno a base di formaggi e petto di cappone.

Nella tradizione popolare, il cappelletto era, ed è tutt’oggi considerato un piatto di festa, servito soprattutto nei pranzi di Natale e nelle ricorrenze di famiglia, ma oggi è un’icona della cucina romagnola in tutte le stagioni.

Cappelletti vs. Tortellini: le differenze fondamentali

Una delle domande più frequenti riguarda la differenza tra cappelletti romagnoli e tortellini bolognesi. Ecco i principali aspetti distintivi:

  • Ripieno:
    • I cappelletti romagnoli hanno un ripieno a base di formaggi (ricotta, formaggio morbido e parmigiano), noce moscata e talvolta petto di cappone.
    • I tortellini bolognesi contengono carne maiale (lombetto, prosciutto crudo e mortadella).
  • Sfoglia:
    • La pasta dei cappelletti è leggermente più spessa, per esaltare il ripieno.
    • Quella dei tortellini è più sottile e raffinata.

Modo di servirli: Sia i cappelletti che i tortellini sono tradizionalmente serviti in brodo di cappone o manzo..

La ricetta autentica dei cappelletti romagnoli

Come per la Piadina Romagnola, ogni Azdora ha la sua ricetta di famiglia, rigorosamente segreta; c’è chi mette la noce moscata e chi una grattatina di scorza di limone, chi usa il raviggiolo e chi lo squacquerone o lo stracchino e chi segue la ricetta di “Pellegrino Artusi” e chi sostituisce il petto di cappone con mortadella tritata.

Poi ci sono le “discussioni” sulle dimensioni chi li fa piccolissimi e chi un pò più grandicelli.

Se vuoi preparare i veri cappelletti di Romagna, ecco la ricetta tradizionale più diffusa.

Ingredienti per la pasta (per 4 persone):

  • 400 g di farina 00
  • 4 uova
  • Un pizzico di sale

Ingredienti per il Compenso (ripieno):

  • 200 g di formaggio morbido (raviggiolo/squacquerone/stracchino);
  • 200 g di ricotta;
  • 150 g di parmigiano grattugiato;
  • un pizzico di noce moscata;
  • un pizzico di sale;
  • un pizzico di pepe;
  • una grattatina di scorza di limone (opzionale).

Ingredienti per il brodo:

  • Per un buon brodo ci vuole un assortimento di carne (muscolo, punta di petto, biancostato, polpa di spalla, nervetti, osso, lingua e cappone)
  • cipolla,
  • sedano,
  • carota e odori a scelta (ad esempio grani di pepe e chiodi di garofano)
  • sale grosso q.b.

Preparazione:

  1. Per prima cosa preparare il brodo seguendo la ricetta della tradizione;
  2. Preparare il ripieno: mescolare ricotta, raviggiolo, parmigiano, uovo, noce moscata, sale e pepe fino a ottenere un composto omogeneo.
  3. Preparare la sfoglia: disporre la farina a fontana, rompere le uova al centro e impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico.
  4. Stendere la sfoglia sottile e ritagliare quadratini di circa 4/6 cm per lato.
  5. Farcire i quadratini con un cucchiaino di ripieno, piegarli a triangolo e chiuderli unendo le due estremità per formare il classico “cappelletto”.
  6. Cuocere i cappelletti in brodo per circa 5 minuti e servire caldi.

Come gustarli al meglio ?

I cappelletti si gustano tradizionalmente in brodo di carne , cappone o di manzo, ma oggi esistono anche versioni più moderne con condimenti diversi e freschi da essere gustati anche nei periodo estivi. Sono ottimi serviti anche con panna e parmigiano, panna e prosciutto, ragù o pasticciati (panna e ragù).

Per un’esperienza autentica, accompagnali con un buon bicchiere di Sangiovese di Romagna o con un bianco come l’Albana Secco.

Dove gustare i veri cappelletti in Romagna

Per assaporare i cappelletti romagnoli nella loro forma più autentica, il consiglio è di provarli nelle trattorie e agriturismi della Romagna, dove la tradizione si tramanda da generazioni. Ogni zona ha le sue varianti e segreti di famiglia, ma il risultato è sempre lo stesso: un piatto ricco di storia e sapore.

Se vuoi vivere un’esperienza completa, molte di queste realtà offrono la possibilità di assistere alla preparazione dei cappelletti, dalle sapienti mani di una “vera sfoglina romagnola“, che con maestria crea la pasta fresca e chiude ogni cappelletto a mano.

Un’occasione perfetta per immergersi nella cultura gastronomica locale!

E se vuoi goderti il meglio della Romagna, soggiorna a Il Pozzo degli Aforismi di Forlì, è l’ideale per scoprire la Romagna e il suo territorio.Vicino a tutto, lontano dalla confusione” qui potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa.

Conclusione

I cappelletti di Romagna sono un piatto che racchiude storia, tradizione e autentico sapore romagnolo. Se non li hai mai provati, è il momento giusto per farlo! Puoi prepararli in casa seguendo la ricetta o venire a gustarli nelle migliori trattorie della nostra terra. Buon appetito!

NB le sapienti mani che vedi nell’immagine multipla sono della Chef Barbara Lucchi del ristorante “La vecia cantena d’la pre’ ” a Predappio Alta.

La Piadina Romagnola: storia, ricetta e curiosità

La piadina romagnola è molto più di un semplice cibo: è un simbolo della tradizione gastronomica della Romagna, un prodotto che ha conquistato il cuore (e il palato) di milioni di persone in tutto il mondo.
Nata come pane povero dalle umili origini contadine, oggi è diventata un’icona della cucina italiana, amata per la sua semplicità, versatilità e bontà.
Scopriamo insieme la storia della piadina, le sue varianti e la ricetta originale per prepararla in casa!

Storia della piadina romagnola

Le origini della piadina risalgono a tempi antichissimi. Già gli etruschi preparavano focacce non lievitate, cotte su lastre di pietra, simili alla piadina. La prima testimonianza scritta sulla piadina romagnola risale al 1371, quando il Cardinale Angelico la menzionò fra i tributi che Modigliana doveva allo Stato Pontificio, nell’elenco delle varie gabelle sono scritte “due piade”.

Nel Medioevo, i contadini romagnoli, a seguito della peste del 1300, eliminarono il lievito dalle preparazioni e iniziarono a consumare pane non lievitato, come la piadina, realizzata con farine di diverso tipo: castagna, mais, legumi e ghiande.

Durante il Rinascimento, mentre le focacce azzime scomparvero in gran parte d’Italia, in Romagna la piadina restò un alimento diffuso, soprattutto tra le classi più povere.
Il grande rilancio arrivò nel 1900, quando si diffuse l’uso della farina di grano tenero e nel 1920 lo scrittore Aldo Spallicci la rese celebre attraverso la sua rivista La Piè, consacrandola a simbolo della Romagna.

Negli anni ’40 e ’50, con l’esplosione del turismo sulla Riviera Romagnola, nacquero i primi chioschi di piadina, dove veniva preparata e cotta al momento, conquistando turisti italiani e stranieri.

Nel 2014, la Piadina Romagnola IGP (Indicazione Geografica Protetta) ha ottenuto il riconoscimento ufficiale che ne tutela l’autenticità e la qualità.

La piadina romagnola oggi è uno dei prodotti più conosciuti ed esportati al mondo. Grazie al suo gusto semplice e alla possibilità di farcirla con qualsiasi tipo di riempimento (affettati, formaggi, pesce e verdure) è un cibo che avvolge e appassiona tutti e non è un caso che la piadina è stata celebrata negli anni da poeti, scrittori e cantanti.

Le varianti della piadina romagnola

La piadina romagnola è diffusa in tutta la Romagna, ma cambia aspetto, spessore e nome a seconda della zona:

  • nel Riminese è sottile e larga, più simile a una sfoglia;
  • nel Forlivese e Ravennate è più spessa e di diametro inferiore;
  • nel Cesenate: via di mezzo tra le due versioni.

In base ai dialetti locali, viene chiamata piada, piè, pìda o pièda.

Ricetta originale della piadina romagnola

Al di là delle differenze di aspetto e delle varie personalizzazioni che ogni paese, per non dire famiglia, ha apportato alla ricetta originale, i punti fermi che accomunano tutte le varie ricette sono il suo profumo, la sua fragranza e quel senso di appagamento che si ha nel mangiarla.

Ingredienti per 4 piadine

  • 500 g di farina 1
  • 70 g di strutto (o 60 g di olio extravergine d’oliva)
  • 2-3 g di bicarbonato (o 10 g di lievito per torte salate)
  • 8 g di sale di Cervia
  • Acqua tiepida q.b. (o latte)

Tempo di preparazione 20 minuti, tempo di cottura 5 minuti per piadina.

Preparazione

  1. Disponi la farina a fontana su una spianatoia e aggiungi al centro lo strutto spezzettato, il sale e il bicarbonato.
  2. Inizia a impastare versando acqua tiepida poco alla volta fino a ottenere un composto omogeneo ed elastico.
  3. Lavora l’impasto per circa 10 minuti, poi dividilo in 4 palline.
  4. Stendi ogni pallina con un mattarello fino a raggiungere 4/6 mm di spessore.
  5. Cuoci la piadina su una teglia di terracotta ben calda per circa 5 minuti, bucherellando le bolle con una forchetta e girandola più volte.

Come farcire la piadina romagnola

La piadina è deliziosa sia semplice che farcita, e la puoi farcire con qualsiasi cosa e sarà sempre buonissima.

Le farciture più tradizionali sono piadina con:

  • prosciutto crudo, squacquerone e rucola (la più tipica!);
  • salsiccia e cipolla caramellata;
  • verdure grigliate e formaggio di fossa;
  • in “versione mare” con sardoncini ed insalata;
  • dolce con Nutella o marmellata.

Il tutto accompagnato da un bicchiere di Sangiovese, il vino rosso simbolo della Romagna.

Dove mangiare la vera piadina romagnola?

Se vuoi assaggiare la piadina autentica, ti consiglio di fermarti in:

  • Chioschi storici: piccoli locali dove la piadina viene preparata al momento.
  • Trattorie e osterie romagnole: ideali per provare piadine con ingredienti di alta qualità.
  • Ristoranti tipici: dove puoi gustare la piadina con abbinamenti gourmet.

A Forlì, troverai ottimi posti dove mangiare una piadina indimenticabile!

4 curiosità sulla piadina

  1. Il Guinness World Record per la piadina più grande del mondo è stato stabilito a Savignano nel 2015 quando una squadra di piadinari ne ha steso e cotto una di 295 kg di impasto per 4,85 m di diametro.
  2. esiste un Museo della Piadina a San Giovanni in Marignano (RN);
  3. ogni anno si tiene la “Notte della Piadina”, evento dedicato a questa specialità;
  4. non solo piadina, in Romagna abbiamo anche la PIAVINA.

Ebbene si, L’abbinamento piadina e sangiovese era così perfetto che, la Chef del Ristorante Enoteca La Vecia Cantena d’Là Prè di Predappio Alta – già Cà de Sanzves – (Piazza Cavour 18 Predappio Alta), Barbara Lucchi li ha uniti in matrimonio dando origine alla “Piavèna” o piavina.

Dopo numerosi tentativi, cambi di dosaggi e calibrature fra i vari ingredienti Barbara è riuscita in un miracolo gastronomico come la piadina al Sangiovese.

L’aggiunta del Sangiovese da alla piadina una colorazione violacea, all’olfatto un leggero sentore di vino e al gusto… Al gusto è buonissima, fragrante e gradevole.

La piadina romagnola è molto più di un semplice piatto: è un vero e proprio simbolo della tradizione e dell’ospitalità della Romagna.

Dopo aver gustato la piadina e magari scoperto altri sapori romagnoli, riposati in un ambiente accogliente. Prenota a il Pozzo degli Aforismi