Dolci tentazioni di Romagna: ciambelle, sfrappole e un cucchiaio di mascarpone

In Romagna, il dolce non è solo la fine di un pasto: è un rituale affettuoso, una coccola che sa di casa, di nonne premurose e di feste patronali. Ogni zona ha la sua specialità, spesso preparata secondo ricette tramandate a voce, scritte a mano su foglietti burrosi di memoria. In questo viaggio tra i dolci più tipici della Romagna, ti porto a conoscere quelli che non possono mancare sulla tavola delle feste (e non solo), con un occhio alle curiosità, agli ingredienti e alle origini.

La ciambella romagnola: semplice, rustica e sempre amata

Iniziamo dal simbolo per eccellenza: la ciambella romagnola, che – curiosamente – non ha il buco!

La Brazadela o Zambela ( in dialetto )è un dolce povero ma ricchissimo di significato.

Preparata con farina, uova, burro, zucchero e un goccio di latte, si impasta a mano e si cuoce direttamente sulla teglia.

La forma? Oblunga, rustica, irregolare.

Il profumo? Inconfondibile.

Tradizionalmente si serve a fette con un bicchiere di Albana passita o con la mitica crema di mascarpone alla romagnola, di cui ti parlerò tra poco.

Si mangia tutto l’anno, ma è il dolce per eccellenza di Pasqua e delle gite fuori porta.

La crema di mascarpone alla romagnola: il cucchiaio della felicità

crema di mascarpone
crema di mascarpone del ristorante La Vecia Cantena d’la Pre’ – Ca’ de Sanzves di Predappio Alta

In Romagna, la crema di mascarpone ha una marcia in più.

La tradizione prevede niente savoiardi, niente caffè: solo uova fresche montate con zucchero, mascarpone e una spolverata di cacao o scaglie di cioccolato.

La crema di mascarpone è la compagna inseparabile della ciambella e dei biscotti secchi.

Il segreto per gustarla al meglio? Guai a farla senza montare bene i tuorli con lo zucchero e gli albumi a neve ben ferma: il segreto è tutto qui.

Zuppa inglese: il dolce delle feste importanti

Di Lungoleno – Opera propriaFotografia autoprodotta, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=82001127

Nonostante il nome esotico, la zuppa inglese è uno dei dolci più radicati in Romagna.

Strati di pan di Spagna inzuppato nell’alchermes, alternati a crema pasticcera gialla e al cioccolato.

Ogni famiglia ha il suo segreto: c’è chi aggiunge anche la crema al mascarpone, chi il liquore Strega, chi la rifinisce con scaglie di cioccolato.

È il dolce delle cerimonie, dei battesimi, dei pranzi della domenica. Va preparato con anticipo, e più riposa, più diventa buono.

Sfrappole e castagnole: il carnevale in una croccantezza

A Carnevale, le sfrappole (chiamate anche chiacchiere) fanno capolino su ogni banco di pasticceria e in ogni casa romagnola. Fritte e spolverate di zucchero a velo, sono l’essenza della leggerezza festosa.

Le castagnole, invece, sono palline morbide, anch’esse fritte, bagnate nell’alchermes e spolverate di zucchero.

Due dolci da mangiare rigorosamente con le mani… e da finire prima che qualcuno te le soffi!

Bustrèng: il dolce delle case contadine

Uno dei più antichi e “poetici” dolci romagnoli è il bustrèng.

È un dolce povero, fatto con quello che c’era: pane raffermo, latte, uova, mele, uvetta, fichi secchi, a volte un filo di saba (mosto cotto).

Ogni casa lo faceva diverso.

Era il modo per non buttare nulla e dare dolcezza anche ai giorni feriali.

Oggi lo si riscopre come dolce della tradizione, in particolare nelle zone tra Cesena e Meldola.

Sabadoni: profumo di autunno

I sabadoni sono ravioli dolci, ripieni di mostarda d’uva, castagne o fichi secchi, cotti al forno o lessati nel vino.

Tipici della stagione fredda, un tempo si preparavano in occasione della pigiatura, usando il mosto fresco.

Sono profumati, antichi, avvolgenti.

Si mangiano anche a Natale, accompagnati da un bicchiere di Cagnina o di Albana dolce meglio se passita.

Nelle altre stagioni i Sabadoni diventano ” Le Raviole di Romagna” stessa ricetta ma ripiene di confettura.

Panpepato di Modigliana: un tesoro dolce della Romagna

A Modigliana, nel cuore dell’Appennino romagnolo, si custodisce una delizia unica: il mandorlato al cioccolato, comunemente chiamato “pampepato” dai locali.

Sebbene il nome richiami il panpepato tradizionale, questa specialità si distingue nettamente per ingredienti e preparazione.

Realizzato con un impasto di cacao (e non cioccolato), farina, zucchero di canna, mandorle intere, scorze di arancia e cedro canditi, e un mix segreto di circa 15 spezie, il dolce viene avvolto in ostia e cotto in stampi circolari.

Il risultato è un dolce morbido, privo di grassi animali, adatto anche a un’alimentazione vegana.

La sua particolare composizione lo rende ideale per essere gustato tutto l’anno, non solo durante le festività natalizie.

Riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) dell’Emilia-Romagna, il mandorlato al cioccolato di Modigliana rappresenta un perfetto connubio tra storia (le sue origini sembrano essere rinascimentali), tradizione e gusto.

Latte brulè e zuccotto: dolci al cucchiaio d’altri tempi

Il latte brulè è il crème caramel della Romagna, semplice e rassicurante. Uova, latte, zucchero e caramello: niente di più. Ma il segreto sta nella cottura lenta a bagnomaria, che ne esalta la delicatezza.

Lo zuccotto romagnolo, meno noto ma molto amato nelle famiglie, è un dolce semicongelato con crema, cioccolato e pan di Spagna. Un tempo si serviva solo nelle grandi occasioni.

Dolci poco conosciuti della Romagna… ma tutti da scoprire!

Accanto ai grandi classici come la ciambella o il mascarpone, la zuppa inglese, la Romagna custodisce dolci meno noti ma ricchissimi di storia e sapore. Alcuni si preparano solo in occasioni particolari, altri sono legati a piccole comunità o ricorrenze stagionali. Ecco una selezione da veri intenditori!

  • Le cantarelle sono delle focaccine semplici e rustiche, tipiche della zona di Rimini. Preparato con una pastella di farina, acqua e un pizzico di sale, questo dolce viene cotto su una piastra calda fino a ottenere una consistenza morbida e leggermente croccante. Tradizionalmente, le cantarelle vengono servite calde, spolverate con zucchero o accompagnate da marmellata, rappresentando uno spuntino goloso e genuino della tradizione romagnola.
  • Il miacetto è un dolce natalizio tipico di Cattolica, preparato con frutta secca, zucchero, cruschello (o farina) e miele, senza l’uso di lievito. La sua consistenza densa e il sapore ricco lo rendono un dolce tradizionale molto apprezzato durante le festività, spesso preparato in casa e condiviso con amici e parenti.
  • Lo zabaione è una crema dolce a base di tuorli d’uovo, zucchero e vino liquoroso, come il Marsala. In Romagna, viene spesso servito caldo, magari accompagnato da biscotti secchi o savoiardi, rappresentando un dessert semplice ma ricco di sapore, ideale per concludere un pasto in dolcezza.
  • Le pesche dolci sono dolcetti composti da due semisfere di pasta frolla, farcite con crema pasticcera e bagnate nell’alchermes, un liquore dal colore rosso intenso. Dopo essere state assemblate, le pesche vengono passate nello zucchero semolato, assumendo l’aspetto e il colore di una vera pesca. Questi dolci sono spesso preparati per le festività o le occasioni speciali, rappresentando una delizia tanto per gli occhi quanto per il palato.
  • Gli scroccadenti sono biscotti secchi e croccanti, preparati con farina, zucchero, uova e mandorle intere. Il loro nome deriva dalla consistenza dura che “scricchiola” sotto i denti. Tradizionalmente, vengono gustati inzuppati nell’albana dolce, rappresentando un classico della pasticceria secca romagnola.
  • Il castagnaccio è un dolce autunnale preparato con farina di castagne, acqua, olio d’oliva, pinoli e uvetta. La sua consistenza è compatta e il sapore è rustico, con note dolci e leggermente amare. In Romagna, viene spesso arricchito con rosmarino, conferendo un aroma unico che richiama i profumi del bosco.
  • l migliaccio è un dolce tradizionale romagnolo. La ricetta storica prevedeva l’uso di sangue suino, zucchero, pinoli, uvetta e aromi, creando una torta densa e scura. Oggi, per motivi igienici è difficile trovarlo in commercio, ma il migliaccio resta un simbolo della cucina povera e creativa della Romagna.
  • La piada dei morti è un dolce tipico del mese di novembre, preparato in occasione della commemorazione dei defunti. Si tratta di una focaccia dolce arricchita con frutta secca, come noci e uvetta, e aromatizzata con semi di anice. La sua preparazione varia da famiglia a famiglia, ma rappresenta un modo tradizionale per onorare i propri cari attraverso la condivisione di un dolce semplice e genuino.

Il Pozzo degli Aforismi: dolcezza e accoglienza a Forlì

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Dopo un assaggio di queste delizie romagnole, se vuoi immergerti ancora di più nelle atmosfere della nostra terra, ti aspetto a “Il Pozzo degli Aforismi”, la mia locazione turistica a Forlì.
È il punto di partenza perfetto per esplorare la Romagna… e magari assaggiare qualcuno di questi dolci in una sagra o in un forno tipico.

E tu? Hai un dolce della tua infanzia che ancora oggi ti fa tornare il sorriso? Scrivimelo nei commenti!

Salumi di Romagna ed Emilia: un viaggio tra storia, sapore e tradizione

Quando si parla di Emilia-Romagna, è impossibile non pensare ai salumi. Ma attenzione: non esistono “i salumi emiliano-romagnoli” in senso unico. Ogni provincia, ogni collina, ogni valle ha la sua specialità. E anche se Emilia e Romagna condividono la stessa regione, le loro tradizioni gastronomiche raccontano due anime distinte: raffinata e aristocratica quella emiliana, più rustica e contadina quella romagnola.

Oggi ti porto alla scoperta dei nostri eccellenti salumi.

I salumi della Romagna: sapori schietti e di casa

La Romagna ha un rapporto viscerale con il maiale, animale che per secoli ha rappresentato ricchezza e sostentamento. I salumi romagnoli nascono nelle aie, nei cortili, nelle cantine delle case di campagna.

Salame di Mora Romagnola: il tesoro nero della terra

La Mora Romagnola è una razza suina autoctona, dalla carne scura, ricca di grasso intramuscolare e incredibilmente saporita. Quasi estinta negli anni ’80, è stata salvata da allevatori appassionati e oggi rappresenta un’eccellenza.

Il suo salame è preparato con carne tritata grossolanamente, condita con sale, pepe, aglio e a volte vino Sangiovese. La stagionatura minima è di 60 giorni.

Il gusto? Intenso, quasi selvatico, con una leggera acidità che lo rende unico.

Tradizione vuole che venga affettato con coltello a mano, taglio spesso e servito con piadina calda e Sangiovese giovane.

Coppa di testa: l’anima contadina in fetta

Chiamata anche musotto, nasce dall’antico precetto contadino: “Del maiale non si butta via nulla”. È un salume cotto, fatto con le parti della testa del maiale(muso, guance, orecchie) , bollite per ore, disossate e aromatizzate con aglio, scorza d’arancia, noce moscata e pepe. Il composto viene poi pressato e insaccato.

Si gusta fredda, magari su una fetta di pane casereccio o in mezzo alla piadina.

Nei mercatini di paese si trova ancora fatta come una volta: ruvida, profumata, sincera.

Coppa di maiale romagnola

Di Thesupermat – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=51521629

La coppa è uno dei salumi più saporiti della tradizione romagnola, ricavata dal collo del maiale, una parte marezzata che regala equilibrio tra carne magra e grasso nobile.

Viene condita con spezie, aglio e pepe nero, poi avvolta e stagionata per diversi mesi. La versione romagnola si distingue per il profumo intenso e la sapidità ben bilanciata.

Perfetta affettata sottile e servita con una piadina calda o un buon Sangiovese.

Prosciutto crudo romagnolo

Meno famoso del suo cugino di Parma, il prosciutto crudo romagnolo è una chicca locale da riscoprire.

Spesso lavorato artigianalmente nelle colline e campagne forlivesi o cesenati, viene salato a secco e lasciato stagionare anche oltre i 12 mesi.

Il risultato? Una fetta dal gusto deciso ma non aggressivo, più rustica e meno dolce rispetto a quella emiliana. Ottimo in abbinamento con fichi freschi o melone.

Pancetta arrotolata romagnola

La pancetta arrotolata è uno dei salumi più amati in Romagna, soprattutto per il suo gusto intenso e la versatilità.

Dopo una sapiente salatura e speziatura (con pepe, aglio e talvolta noce moscata), viene arrotolata su sé stessa e legata a mano.

La stagionatura, che può durare anche tre mesi, regala un sapore pieno, con note dolci e speziate. Un must nelle merende con pane casereccio, ma anche per arricchire piatti della cucina rustica.

Salsiccia matta (o pazza): il gusto delle cose semplici

La salsiccia matta (suzèzza mata) era considerata la salsiccia dei poveri in quanto viene fatta con i ritagli di carne meno nobili, le carni di scarto come lingua, cuore, fegato, guancia e frattaglie. Carni scure dal sapore intenso, quasi selvatico, insaporite con aglio, sale, pepe e sangiovese.

Il suo nome deriva dall’aspetto irregolare e dal gusto deciso.

Ne esistono due versioni:

  • salsiccia matta fresca
  • salsiccia matta stagionata

Oggi è reperibile solo presso alcuni artigiani o stabilimenti con produzioni molto legate al territorio, è stata inserita nella lista dei prodotti italiani slow food.

La tradizione contadina vuole che la salsiccia matta fresca venga cucinata il giorno stesso della macellazione, cotta sulla griglia e servita fra due fette di pane casereccio. È un giorno di grande fermento, un giorno di fatica, ma anche di calore umano, di condivisione e di festa e un panino con la salsiccia matta è una succulenta ricompensa .

In Romagna è molto amata grigliata oppure cotta in padella con il vino bianco, magari con patate o erbe di campo. È una vera “chicca da osteria”.

La versione stagionata, invece, si gusta affettata in modo sottile, in mezzo alla piadina romagnola. il tempo di stagionatura dipende dal gusto personale e dall’utilizzo che si intende fare. E’ ideale come aperitivo o stuzzichino durante il pasto. Se la stagionature è breve può essere conservata anche sott’olio.

Entrambe le versione si sposano bene con il nostro Sangiovese.

I ciccioli di Romagna: tra tradizione e golosità rurale

Di Mauro Renna – Mauro Renna, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17582217

In Romagna, i ciccioli rappresentano uno degli emblemi più autentici della tradizione contadina legata alla lavorazione del maiale.

Si ottengono dalla lenta cottura delle parti grasse del suino, in particolare quelle scartate durante la preparazione dei salumi nobili.

Durante questa fase, lo strutto si separa, e ciò che rimane viene poi trasformato nei celebri ciccioli.

In Romagna esistono due varianti principali: i ciccioli sgranati, croccanti e irregolari, spesso utilizzati come snack rustico o per arricchire focacce e pane, e i ciccioli pressati, compattati in blocchi e affettati come un salume vero e proprio, da gustare con piadina o pane casereccio.

I ciccioli erano un tempo considerati un “premio” durante la lavorazione del maiale, e ancora oggi evocano il sapore di un passato fatto di condivisione, camini accesi e mani sapienti.

Non è raro trovarli nelle sagre locali, dove sono protagonisti di degustazioni e ricette tradizionali.

I salumi dell’Emilia: eleganza e nobiltà del gusto

L’Emilia è la patria delle DOP e delle IGP. Qui i salumi sono spesso legati a disciplinari rigorosi, consorzi e stagionature millimetriche. Ma sotto la perfezione formale c’è una tradizione viva e orgogliosa.

Prosciutto di Parma DOP: il re della dolcezza

Di Scott Brenner – originally posted to Flickr as DSCF3117, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5923565

Prodotto solo con cosce di maiali italiani, sale marino e aria delle colline parmensi, il Prosciutto di Parma è un simbolo dell’eccellenza italiana. Non contiene additivi né conservanti. La stagionatura può arrivare fino a 36 mesi.

Si riconosce per il suo sapore dolce, delicato e avvolgente, e per il marchio a fuoco con la corona ducale. Si gusta da solo, con un panino croccante, o in abbinamento con il melone in estate.

Lo sapevi? Nel ‘600 il prosciutto di Parma era già esportato a Venezia e in Francia come prodotto di lusso.

Culatello di Zibello DOP: il salume degli intenditori

È il salume più prestigioso dell’Emilia, e forse di tutta Italia. Si produce solo in 9 comuni della Bassa Parmense, dove l’umidità delle nebbie favorisce una stagionatura naturale in cantine antiche.

Il culatello è ricavato dalla parte più pregiata della coscia, viene salato a mano e avvolto in una vescica naturale, poi legato con lo spago. Il risultato? Una carne compatta, profumatissima, dal sapore nobile e persistente.

Tradizionalmente si serve con burro e pane di campagna, oppure accompagnato da un calice di Fortana o Lambrusco.

Mortadella di Bologna IGP: la regina rosa

Di Stefano Brush Parisi – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=74417670

La mortadella, con il suo profumo speziato e la consistenza setosa, è amata in tutto il mondo. Ma l’originale, quella certificata IGP, si produce solo a Bologna e dintorni.

La ricetta prevede carne suina finemente tritata, lardelli, spezie (tra cui mirto e coriandolo), e una lenta cottura al forno. Può essere semplice o con pistacchi.

In Emilia si gusta nel panino da passeggio, ma anche in piatti gourmet come mousse o ripieni. È un simbolo popolare e raffinato allo stesso tempo.

Salame Felino IGP: il salume dei colli

Prodotto nel comune di Felino (PR), questo salame è preparato con carne magra di suino, sale, pepe intero e aglio. L’impasto viene insaccato in budello naturale e stagionato per circa 2 mesi.

Si presenta compatto, profumato, con un gusto equilibrato. Tagliato in diagonale, si accompagna bene a un tagliere emiliano con Parmigiano e tigelle.

Consigli pratici per i viaggiatori golosi

  • Acquistali in botteghe locali o mercati: a Forlì, Cesena, Bologna, Parma… ogni città ha il suo angolo del gusto.
  • Provali nelle sagre: la Fiera del Prosciutto di Parma, la Sagra della Coppa di Testa a Mercato Saraceno o la Festa Artusiana a Forlimpopoli sono tappe imperdibili.
  • Non dimenticare gli abbinamenti: la piadina romagnola è perfetta con i salumi rustici, mentre i salumi emiliani si esaltano con un Lambrusco o un Gutturnio.

Dove dormire per scoprire tutto questo? Al Pozzo degli Aforismi!

Se stai organizzando un tour del gusto tra Romagna ed Emilia, il Pozzo degli Aforismi è il punto di partenza perfetto. La mia locazione turistica si trova a due passi da Forlì, in una posizione strategica per raggiungere borghi, sagre e botteghe. Ti accoglierò con il calore di casa e tanti consigli per vivere la Romagna più autentica, quella che profuma di tradizione e pane appena sfornato.

Formaggi tipici della Romagna: guida ai sapori autentici dell’entroterra

Quando si parla di Romagna, la mente corre subito alla piadina, al Sangiovese, alla pasta fatta in casa… Ma pochi sanno che anche il mondo dei formaggi romagnoli è ricchissimo di sorprese e tradizioni antiche.

Oggi ti accompagno in un viaggio tra profumi, sapori e storie legati ai formaggi del nostro territorio. Perché in Romagna ogni tavola racconta qualcosa – e il formaggio ne è spesso protagonista.

I formaggi di cui ti parlo oggi sono:

  • Casatella romagnola;
  • Formaggio di Fossa;
  • Raviggiolo;
  • Squacquerone di Romagna;
  • Caciotta fresca romagnola;
  • Scoparolo e altri formaggi;
  • formaggi emiliani.

La Casatella romagnola: la freschezza della semplicità

Partiamo da uno dei più antichi formaggi di casa nostra: la Casatella romagnola. È un formaggio fresco, morbido, a pasta bianca e leggermente acidula. Tradizionalmente si produceva in casa con il latte della mungitura serale, cagliato il mattino seguente.

La Casatella non ha stagionatura: si mangia fresca, magari spalmata sulla piadina ancora calda, o accompagnata da fichi, miele o erbe aromatiche. Perfetta anche come base per ripieni, specialmente nei cappelletti “poveri” di alcune zone della Romagna interna.

Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP: il più misterioso

Di © Antoine FLEURY-GOBERT / Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33308788

Impossibile parlare di formaggi romagnoli senza citare lui, il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP. Unico, intenso, avvolto da un alone di mistero e antichissime tradizioni.

Le fosse di stagionatura – scavate nella roccia calcarea – si trovano a Sogliano al Rubicone e in altri comuni limitrofi. I formaggi (pecorini o vaccini) vengono sigillati nelle fosse a fine agosto e “riemersi” il 25 novembre, giorno di Santa Caterina. Il risultato? Un formaggio dal gusto deciso, piccante, con note terrose e un profumo che conquista o divide.

È perfetto da solo, ma anche grattugiato sulla pasta o abbinato a miele e saba. È un’esperienza sensoriale che non si dimentica.

Il Raviggiolo: una bontà antica

Un altro gioiellino della tradizione è il Raviggiolo, formaggio fresco a base di latte vaccino, senza crosta, dalla consistenza tenera e il sapore dolce e delicato.

La sua particolarità? Tradizionalmente veniva venduto avvolto nelle foglie di felce, che oltre a conservarlo ne arricchivano l’aroma. È tipico dell’Appennino forlivese, cesenate e anche toscano-romagnolo. Oggi è riconosciuto come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) ed è ancora prodotto artigianalmente.

Perfetto da gustare appena fatto, con un filo d’olio e pepe, o per farcire la piadina insieme a prosciutto crudo o rucola.

La Squacquerone di Romagna DOP: il più morbido di tutti

Di Pohoua – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=131645854

Forse il più conosciuto, grazie alla sua consistenza cremosa e al legame indissolubile con la piadina romagnola, è lui: lo Squacquerone di Romagna DOP. Il nome deriva da “squacquarare”, ovvero sciogliersi – e infatti si scioglie in bocca.

È un formaggio fresco, prodotto con latte vaccino, dal sapore leggermente acidulo e irresistibilmente cremoso. La versione DOP è legata a una zona ben precisa: comprende le province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini e parte di Bologna. Si distingue per la totale assenza di crosta, e per la sua versatilità: è ottimo anche nei dolci, per esempio con fichi caramellati o miele.

La caciotta fresca romagnola: il sapore del latte appena munto

Tra i formaggi più semplici e autentici della tradizione romagnola c’è senza dubbio la caciotta fresca, un piccolo capolavoro di genuinità. Realizzata principalmente con latte vaccino e a volte mista con latte ovino, ha una stagionatura brevissima – dai 7 ai 15 giorni – che le conferisce una consistenza tenera e cremosa, perfetta da gustare al naturale.

Il suo sapore è dolce e delicato, con una nota lattica che ricorda il latte appena munto. In Romagna è prodotta da piccoli caseifici locali che ne custodiscono ancora la lavorazione artigianale.

Ottima con la piadina calda, accompagnata da miele o confetture, oppure servita in insalate fresche e taglieri rustici, la caciotta fresca racconta, in un solo morso, la semplicità e l’amore per le cose buone di una volta.

Scoparolo e altri formaggi tipici della Romagna

Foto di Alexey Klen da Pixabay

Anche se meno noti, ci sono altri formaggi che meritano una menzione, spesso legati a piccole produzioni e tradizioni familiari:

  • Formaggio Scoparolo: un prodotto raro e prezioso, originario dell’entroterra romagnolo. Si tratta di un pecorino stagionato, che anticamente veniva custodito nelle case contadine e nascosto tra le scope di saggina (da cui il nome “Scoparolo”), lontano da occhi indiscreti. Ha un gusto intenso, con sentori erbacei e una leggera piccantezza. Oggi è tornato in produzione grazie ad alcuni caseifici locali e può essere gustato in abbinamento a miele, saba o un buon Sangiovese.
  • Pecorino romagnolo: spesso a latte crudo, può essere consumato fresco o stagionato. Ha un sapore robusto, perfetto con confetture e frutta secca.
  • Ricotta romagnola: fresca e leggera, prodotta con il siero del latte, è usata sia nei ripieni (cappelletti, ravioli) sia nei dolci (torte, ciambelle).

Molti di questi si trovano nei mercatini locali, nelle fiere di paese e nelle botteghe contadine: veri scrigni di sapori da scoprire con lentezza.

Dove assaggiare i formaggi romagnoli

Il bello della Romagna è che puoi ancora assaggiare i formaggi dove vengono prodotti, parlando con chi li fa da generazioni. Esistono fattorie didattiche, agriturismi, piccole aziende a conduzione familiare che aprono le porte a curiosi e buongustai.

Un’esperienza che consiglio sempre è quella delle degustazioni guidate: accompagnare i formaggi con vini locali, miele, marmellate e pane fatto in casa è un modo perfetto per comprenderne appieno l’essenza.

Fiere e sagre del formaggio in Romagna

Se ami scoprire i territori anche attraverso gli eventi, tieni d’occhio il calendario delle sagre romagnole dedicate al formaggio:

  • Fiera del Formaggio di Fossa a Sogliano al Rubicone (novembre)
  • Sagra della Ricotta a Mercato Saraceno
  • Sagra del Raviggiolo a Tredozio
  • Festa dello Squacquerone e della Piadina a Villa Verucchio

Sono occasioni perfette per fare scorta di bontà, ma anche per conoscere chi questi prodotti li crea ogni giorno con passione.

Formaggi emiliani nelle tavole romagnole

Anche se non nascono in Romagna, Parmigiano Reggiano e Grana Padano fanno parte della quotidianità gastronomica della regione. Del resto, Emilia e Romagna condividono molto più di un confine geografico: tradizioni, materie prime e sapori si intrecciano da secoli, e questi due formaggi ne sono un esempio perfetto.

  • Il Parmigiano Reggiano viene prodotto nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, parte di Bologna e di Mantova. Ha una stagionatura minima di 12 mesi, ma può arrivare anche a 36 e oltre. È un formaggio a pasta dura, dal gusto complesso, ricco di cristalli di tirosina che scrocchiano sotto i denti. In Romagna è usato in mille modi: grattugiato sulla pasta fresca, a scaglie sulle insalate o servito in piccoli cubetti con miele, saba o aceto balsamico.
  • Il Grana Padano, più diffuso nella parte settentrionale dell’Emilia, ha una produzione più ampia e una stagionatura leggermente inferiore rispetto al Parmigiano. Il sapore è più delicato ma comunque saporito e aromatico. Anche lui è protagonista delle tavole romagnole, dove non manca mai in dispensa, pronto a completare un risotto, un piatto di tagliatelle o una minestra.

Questi due formaggi, pur non essendo “romagnoli DOC”, fanno ormai parte della cultura culinaria locale, a dimostrazione di quanto la cucina italiana sia un mosaico di sapori che si contaminano e si arricchiscono a vicenda.

E tu, hai mai assaggiato i formaggi romagnoli? Qual è il tuo preferito? Raccontamelo nei commenti.


Dove dormire per un weekend tra natura e formaggi?

Se vuoi abbinare una vacanza di relax a una full immersion nei sapori autentici della Romagna, ti aspetto al Pozzo degli Aforismi: una locazione turistica immersa nella campagna, ideale per visitare piccoli borghi, assaggiare formaggi a km 0 e vivere la Romagna più vera.

Vini della Romagna: Un Viaggio tra Storia, Gusto e Tradizione

La Romagna è terra di sapori autentici e tradizioni millenarie, e i suoi vini ne sono un esempio perfetto. Dai rossi intensi ai bianchi freschi, questa regione offre un’ampia varietà di vini che raccontano la storia e il carattere del suo territorio. Il vino in Romagna trasmette il sapore di questa terra, la schiettezza, la passione, il carattere e l’accoglienza della sua gente.

Nelle righe che seguono esploreremo i vini più rappresentativi della Romagna, dalle loro origini ai migliori abbinamenti gastronomici:

  • Sangiovese di Romagna;
  • Trebbiano di Romagna;
  • Albana di Romagna;
  • Cagnina di Romagna;
  • Pagadebit di Romagna;
  • Burson;
  • Centesimino.

Romagna terra di vino

La Romagna è una terra di vino per una combinazione di fattori storici, geografici e culturali che hanno favorito la viticoltura nel corso dei secoli, quali:

  • Condizioni climatiche e geografiche favorevoli grazie ad un clima temperato, con estati calde e inverni miti, ideale per la coltivazione della vite. La varietà dei terreni, dalle colline argillose alle pianure sabbiose, permette la coltivazione di diverse varietà di uva.
  • Tradizione vitivinicola ha radici antiche, risalenti all’epoca degli Etruschi e dei Romani. Nel corso dei secoli, la coltivazione della vite è stata tramandata di generazione in generazione, diventando parte integrante della cultura locale.

Storia del vino in Romagna

Le prime testimonianze della viticoltura in Romagna risalgono all’epoca degli Etruschi, che introdussero la coltivazione della vite nella regione.

In epoca romana, la Romagna era una importante zona di produzione vinicola, con vini apprezzati in tutto l’impero.

Nel Medioevo, la viticoltura continuò a prosperare, grazie al lavoro dei monaci benedettini, che contribuirono a migliorare le tecniche di coltivazione e produzione del vino.

Nel corso dei secoli successivi, la viticoltura romagnola ha subito alti e bassi, ma ha sempre mantenuto un ruolo importante nell’economia e nella cultura della regione. Oggi la Romagna è una regione vinicola di eccellenza, con vini che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale e internazionale.

Sangiovese di Romagna: Il Re dei Rossi

Il Sangiovese di Romagna DOC è il vino simbolo della regione. La sua storia affonda le radici nell’epoca romana, ma fu nei monasteri medievali che la sua coltivazione si diffuse maggiormente. È un vino strutturato e deciso, con aromi di frutti rossi, viola e spezie.

Zona di produzione

Le colline della Romagna, da Imola fino a Rimini, sono il cuore della produzione del Sangiovese. Ogni zona dona caratteristiche uniche: più morbido a Bertinoro, più minerale nelle colline di Modigliana.

Curiosità: Si dice che il nome “Sangiovese” derivi da “Sanguis Jovis” (sangue di Giove), a testimonianza della sua antica nobiltà.

Abbinamenti: Pasta al ragù, grigliata di carne, formaggi stagionati.

Trebbiano di Romagna: Il Bianco della Tradizione

Il Trebbiano di Romagna DOC è un vino bianco fresco e leggero, con note agrumate e floreali. È uno dei vitigni più antichi d’Italia, citato già in epoca romana.

Zona di produzione

Si trova in tutta la Romagna, ma eccelle nelle zone di Castrocaro, Faenza e Cesena.

Curiosità: I Romani lo usavano per produrre il “Vinum Trebulanum”, descritto da Plinio il Vecchio.

Abbinamenti: Perfetto con piatti di pesce e verdure grigliate.

Albana: Il Primo DOCG d’Italia

L’Albana di Romagna DOCG è un vino storico, il primo bianco in Italia a ottenere la denominazione DOCG nel 1987.

Più conosciuta e diffusa nella sua variante dolce e passita, l’Albana può essere gustata anche secca

Zona di produzione

Bertinoro è considerata la patria dell’Albana, ma si coltiva anche tra Forlì, Cesena e Faenza.

Curiosità: Secondo la leggenda, Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, rimase incantata dal sapore di questo vino servitole in un’umile coppa di terracotta e disse: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!” da qui nacque il nome della culla dell’Albana, Bertinoro

Abbinamenti: Pastasciutta con ragù bianco, formaggi erborinati, pasticceria secca.

Cagnina: Il Vino Dolce e Fruttato

La Cagnina di Romagna DOC è un vino rosso dolce, con note di frutti di bosco e spezie. Deriva dal vitigno Refosco ed è un vino da bere giovane.

Zona di produzione

Si trova nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena.

Curiosità: In passato era il vino della vendemmia, bevuto dai contadini per festeggiare il raccolto.

Abbinamenti: Castagne arrosto, ciambella romagnola.

Pagadebit: Il Bianco “Salvagente”

Il Pagadebit di Romagna DOC è un vino bianco secco e profumato, il cui nome deriva dalla sua capacità di garantire sempre un raccolto abbondante, permettendo ai contadini di “pagare i debiti”.

Zona di produzione

Diffuso nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna.

Abbinamenti: Piadina con squacquerone e rucola, primi piatti a base di pesce.

Bursôn: Il Rosso di Carattere

Il Bursôn, ottenuto dall’uva Longanesi, è un vino rosso potente e strutturato, riscoperto solo nel XX secolo.

Zona di produzione

È tipico della Bassa Romagna, in particolare della zona di Bagnacavallo.

Abbinamenti: Brasati, selvaggina, piatti robusti.

Centesimino: Il Tesoro Nascosto

Il Centesimino è un vitigno autoctono di Faenza, con aromi di rosa, frutti rossi e spezie.

Zona di produzione

Faenza e dintorni.

Curiosità: Deve il nome a Pietro Centesimino, il viticoltore che lo salvò dall’estinzione.

Abbinamenti: Salumi, formaggi stagionati.

Dove degustare i vini della Romagna

Se vuoi scoprire questi vini direttamente dai produttori, ti consiglio di visitare alcune cantine locali. Tra le migliori esperienze enoturistiche in Romagna ci sono:

  • Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e Cesena
  • Le cantine di Bertinoro, patria dell’Albana
  • Le colline di Brisighella, tra olio e vini pregiati
  • Le aziende vitivinicole di Modigliana, terra del Sangiovese di montagna

Curiosità

C’è un detto in Romagna che cita:

Questo detto, cattura perfettamente l’essenza della Romagna, una terra dove il vino è parte integrante della cultura e della tradizione. Ecco alcune considerazioni su questo detto:

  • Radici profonde: La Romagna vanta una lunga storia di produzione vinicola, con vitigni autoctoni come il Sangiovese, l’Albana e il Trebbiano che prosperano in questo territorio. Il vino è sempre stato presente sulle tavole romagnole, accompagnando i pasti e le occasioni di festa.
  • Ospitalità e convivialità: Offrire vino è un gesto di benvenuto e di condivisione, tipico dell’ospitalità romagnola. Il vino è un elemento che favorisce la socializzazione e la convivialità, creando un’atmosfera di calore e amicizia.
  • Identità territoriale: Il vino è un simbolo dell’identità romagnola, un elemento che lega la popolazione alla propria terra e alle proprie tradizioni.
  • Il vino come bevanda per eccellenza: Come già detto, il vino è profondamente radicato nella tradizione romagnola, è visto come la bevanda “naturale” e preferita, simbolo di convivialità e ospitalità.
  • inoltre In passato, l’acqua non sempre era potabile e sicura. Le fonti d’acqua potevano essere contaminate da batteri e altre sostanze nocive, causando malattie.

La Romagna non è solo una terra di piadine e mare, ma anche di vini straordinari che raccontano la storia e la passione di questa regione. Se sei un amante del buon vino, non puoi perderti un tour enogastronomico tra le colline romagnole!

E tu, hai mai provato uno di questi vini? Raccontaci la tua esperienza nei commenti!

Scopri la Romagna con Il Pozzo degli Aforismi Se stai pianificando un viaggio in Romagna, prenota il tuo soggiorno presso Il Pozzo degli Aforismi. Un’accogliente locazione turistica perfetta per partire alla scoperta dei migliori vini e sapori romagnoli.

Cappelletti: un simbolo della cucina romagnola

Se c’è un piatto che racconta la Romagna autentica, quello è senza dubbio il cappelletto. Protagonista dei pranzi domenicali e delle festività, il cappelletto in brodo è una tradizione che resiste al tempo. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un piccolo cappello, ma attenzione a non confonderlo con il tortellino bolognese, con cui ha molte differenze.

In questo mio scritto ti farò scoprire la storia di questa specialità, le sue peculiarità rispetto al tortellino e, naturalmente, ti lascio la ricetta autentica per prepararlo a casa.

Storia e origini dei cappelletti romagnoli

I cappelletti hanno una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo.

La prima testimonianza scritta risale al XV secolo, ma è nel XIX secolo, con il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, che il piatto trova la sua consacrazione. Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrive una ricetta dei cappelletti romagnoli, evidenziandone il ripieno a base di formaggi e petto di cappone.

Nella tradizione popolare, il cappelletto era, ed è tutt’oggi considerato un piatto di festa, servito soprattutto nei pranzi di Natale e nelle ricorrenze di famiglia, ma oggi è un’icona della cucina romagnola in tutte le stagioni.

Cappelletti vs. Tortellini: le differenze fondamentali

Una delle domande più frequenti riguarda la differenza tra cappelletti romagnoli e tortellini bolognesi. Ecco i principali aspetti distintivi:

  • Ripieno:
    • I cappelletti romagnoli hanno un ripieno a base di formaggi (ricotta, formaggio morbido e parmigiano), noce moscata e talvolta petto di cappone.
    • I tortellini bolognesi contengono carne maiale (lombetto, prosciutto crudo e mortadella).
  • Sfoglia:
    • La pasta dei cappelletti è leggermente più spessa, per esaltare il ripieno.
    • Quella dei tortellini è più sottile e raffinata.

Modo di servirli: Sia i cappelletti che i tortellini sono tradizionalmente serviti in brodo di cappone o manzo..

La ricetta autentica dei cappelletti romagnoli

Come per la Piadina Romagnola, ogni Azdora ha la sua ricetta di famiglia, rigorosamente segreta; c’è chi mette la noce moscata e chi una grattatina di scorza di limone, chi usa il raviggiolo e chi lo squacquerone o lo stracchino e chi segue la ricetta di “Pellegrino Artusi” e chi sostituisce il petto di cappone con mortadella tritata.

Poi ci sono le “discussioni” sulle dimensioni chi li fa piccolissimi e chi un pò più grandicelli.

Se vuoi preparare i veri cappelletti di Romagna, ecco la ricetta tradizionale più diffusa.

Ingredienti per la pasta (per 4 persone):

  • 400 g di farina 00
  • 4 uova
  • Un pizzico di sale

Ingredienti per il Compenso (ripieno):

  • 200 g di formaggio morbido (raviggiolo/squacquerone/stracchino);
  • 200 g di ricotta;
  • 150 g di parmigiano grattugiato;
  • un pizzico di noce moscata;
  • un pizzico di sale;
  • un pizzico di pepe;
  • una grattatina di scorza di limone (opzionale).

Ingredienti per il brodo:

  • Per un buon brodo ci vuole un assortimento di carne (muscolo, punta di petto, biancostato, polpa di spalla, nervetti, osso, lingua e cappone)
  • cipolla,
  • sedano,
  • carota e odori a scelta (ad esempio grani di pepe e chiodi di garofano)
  • sale grosso q.b.

Preparazione:

  1. Per prima cosa preparare il brodo seguendo la ricetta della tradizione;
  2. Preparare il ripieno: mescolare ricotta, raviggiolo, parmigiano, uovo, noce moscata, sale e pepe fino a ottenere un composto omogeneo.
  3. Preparare la sfoglia: disporre la farina a fontana, rompere le uova al centro e impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico.
  4. Stendere la sfoglia sottile e ritagliare quadratini di circa 4/6 cm per lato.
  5. Farcire i quadratini con un cucchiaino di ripieno, piegarli a triangolo e chiuderli unendo le due estremità per formare il classico “cappelletto”.
  6. Cuocere i cappelletti in brodo per circa 5 minuti e servire caldi.

Come gustarli al meglio ?

I cappelletti si gustano tradizionalmente in brodo di carne , cappone o di manzo, ma oggi esistono anche versioni più moderne con condimenti diversi e freschi da essere gustati anche nei periodo estivi. Sono ottimi serviti anche con panna e parmigiano, panna e prosciutto, ragù o pasticciati (panna e ragù).

Per un’esperienza autentica, accompagnali con un buon bicchiere di Sangiovese di Romagna o con un bianco come l’Albana Secco.

Dove gustare i veri cappelletti in Romagna

Per assaporare i cappelletti romagnoli nella loro forma più autentica, il consiglio è di provarli nelle trattorie e agriturismi della Romagna, dove la tradizione si tramanda da generazioni. Ogni zona ha le sue varianti e segreti di famiglia, ma il risultato è sempre lo stesso: un piatto ricco di storia e sapore.

Se vuoi vivere un’esperienza completa, molte di queste realtà offrono la possibilità di assistere alla preparazione dei cappelletti, dalle sapienti mani di una “vera sfoglina romagnola“, che con maestria crea la pasta fresca e chiude ogni cappelletto a mano.

Un’occasione perfetta per immergersi nella cultura gastronomica locale!

E se vuoi goderti il meglio della Romagna, soggiorna a Il Pozzo degli Aforismi di Forlì, è l’ideale per scoprire la Romagna e il suo territorio.Vicino a tutto, lontano dalla confusione” qui potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa.

Conclusione

I cappelletti di Romagna sono un piatto che racchiude storia, tradizione e autentico sapore romagnolo. Se non li hai mai provati, è il momento giusto per farlo! Puoi prepararli in casa seguendo la ricetta o venire a gustarli nelle migliori trattorie della nostra terra. Buon appetito!

NB le sapienti mani che vedi nell’immagine multipla sono della Chef Barbara Lucchi del ristorante “La vecia cantena d’la pre’ ” a Predappio Alta.

La Piadina Romagnola: storia, ricetta e curiosità

La piadina romagnola è molto più di un semplice cibo: è un simbolo della tradizione gastronomica della Romagna, un prodotto che ha conquistato il cuore (e il palato) di milioni di persone in tutto il mondo.
Nata come pane povero dalle umili origini contadine, oggi è diventata un’icona della cucina italiana, amata per la sua semplicità, versatilità e bontà.
Scopriamo insieme la storia della piadina, le sue varianti e la ricetta originale per prepararla in casa!

Storia della piadina romagnola

Le origini della piadina risalgono a tempi antichissimi. Già gli etruschi preparavano focacce non lievitate, cotte su lastre di pietra, simili alla piadina. La prima testimonianza scritta sulla piadina romagnola risale al 1371, quando il Cardinale Angelico la menzionò fra i tributi che Modigliana doveva allo Stato Pontificio, nell’elenco delle varie gabelle sono scritte “due piade”.

Nel Medioevo, i contadini romagnoli, a seguito della peste del 1300, eliminarono il lievito dalle preparazioni e iniziarono a consumare pane non lievitato, come la piadina, realizzata con farine di diverso tipo: castagna, mais, legumi e ghiande.

Durante il Rinascimento, mentre le focacce azzime scomparvero in gran parte d’Italia, in Romagna la piadina restò un alimento diffuso, soprattutto tra le classi più povere.
Il grande rilancio arrivò nel 1900, quando si diffuse l’uso della farina di grano tenero e nel 1920 lo scrittore Aldo Spallicci la rese celebre attraverso la sua rivista La Piè, consacrandola a simbolo della Romagna.

Negli anni ’40 e ’50, con l’esplosione del turismo sulla Riviera Romagnola, nacquero i primi chioschi di piadina, dove veniva preparata e cotta al momento, conquistando turisti italiani e stranieri.

Nel 2014, la Piadina Romagnola IGP (Indicazione Geografica Protetta) ha ottenuto il riconoscimento ufficiale che ne tutela l’autenticità e la qualità.

La piadina romagnola oggi è uno dei prodotti più conosciuti ed esportati al mondo. Grazie al suo gusto semplice e alla possibilità di farcirla con qualsiasi tipo di riempimento (affettati, formaggi, pesce e verdure) è un cibo che avvolge e appassiona tutti e non è un caso che la piadina è stata celebrata negli anni da poeti, scrittori e cantanti.

Le varianti della piadina romagnola

La piadina romagnola è diffusa in tutta la Romagna, ma cambia aspetto, spessore e nome a seconda della zona:

  • nel Riminese è sottile e larga, più simile a una sfoglia;
  • nel Forlivese e Ravennate è più spessa e di diametro inferiore;
  • nel Cesenate: via di mezzo tra le due versioni.

In base ai dialetti locali, viene chiamata piada, piè, pìda o pièda.

Ricetta originale della piadina romagnola

Al di là delle differenze di aspetto e delle varie personalizzazioni che ogni paese, per non dire famiglia, ha apportato alla ricetta originale, i punti fermi che accomunano tutte le varie ricette sono il suo profumo, la sua fragranza e quel senso di appagamento che si ha nel mangiarla.

Ingredienti per 4 piadine

  • 500 g di farina 1
  • 70 g di strutto (o 60 g di olio extravergine d’oliva)
  • 2-3 g di bicarbonato (o 10 g di lievito per torte salate)
  • 8 g di sale di Cervia
  • Acqua tiepida q.b. (o latte)

Tempo di preparazione 20 minuti, tempo di cottura 5 minuti per piadina.

Preparazione

  1. Disponi la farina a fontana su una spianatoia e aggiungi al centro lo strutto spezzettato, il sale e il bicarbonato.
  2. Inizia a impastare versando acqua tiepida poco alla volta fino a ottenere un composto omogeneo ed elastico.
  3. Lavora l’impasto per circa 10 minuti, poi dividilo in 4 palline.
  4. Stendi ogni pallina con un mattarello fino a raggiungere 4/6 mm di spessore.
  5. Cuoci la piadina su una teglia di terracotta ben calda per circa 5 minuti, bucherellando le bolle con una forchetta e girandola più volte.

Come farcire la piadina romagnola

La piadina è deliziosa sia semplice che farcita, e la puoi farcire con qualsiasi cosa e sarà sempre buonissima.

Le farciture più tradizionali sono piadina con:

  • prosciutto crudo, squacquerone e rucola (la più tipica!);
  • salsiccia e cipolla caramellata;
  • verdure grigliate e formaggio di fossa;
  • in “versione mare” con sardoncini ed insalata;
  • dolce con Nutella o marmellata.

Il tutto accompagnato da un bicchiere di Sangiovese, il vino rosso simbolo della Romagna.

Dove mangiare la vera piadina romagnola?

Se vuoi assaggiare la piadina autentica, ti consiglio di fermarti in:

  • Chioschi storici: piccoli locali dove la piadina viene preparata al momento.
  • Trattorie e osterie romagnole: ideali per provare piadine con ingredienti di alta qualità.
  • Ristoranti tipici: dove puoi gustare la piadina con abbinamenti gourmet.

A Forlì, troverai ottimi posti dove mangiare una piadina indimenticabile!

4 curiosità sulla piadina

  1. Il Guinness World Record per la piadina più grande del mondo è stato stabilito a Savignano nel 2015 quando una squadra di piadinari ne ha steso e cotto una di 295 kg di impasto per 4,85 m di diametro.
  2. esiste un Museo della Piadina a San Giovanni in Marignano (RN);
  3. ogni anno si tiene la “Notte della Piadina”, evento dedicato a questa specialità;
  4. non solo piadina, in Romagna abbiamo anche la PIAVINA.

Ebbene si, L’abbinamento piadina e sangiovese era così perfetto che, la Chef del Ristorante Enoteca La Vecia Cantena d’Là Prè di Predappio Alta – già Cà de Sanzves – (Piazza Cavour 18 Predappio Alta), Barbara Lucchi li ha uniti in matrimonio dando origine alla “Piavèna” o piavina.

Dopo numerosi tentativi, cambi di dosaggi e calibrature fra i vari ingredienti Barbara è riuscita in un miracolo gastronomico come la piadina al Sangiovese.

L’aggiunta del Sangiovese da alla piadina una colorazione violacea, all’olfatto un leggero sentore di vino e al gusto… Al gusto è buonissima, fragrante e gradevole.

La piadina romagnola è molto più di un semplice piatto: è un vero e proprio simbolo della tradizione e dell’ospitalità della Romagna.

Dopo aver gustato la piadina e magari scoperto altri sapori romagnoli, riposati in un ambiente accogliente. Prenota a il Pozzo degli Aforismi