Dolci tentazioni di Romagna: ciambelle, sfrappole e un cucchiaio di mascarpone

In Romagna, il dolce non è solo la fine di un pasto: è un rituale affettuoso, una coccola che sa di casa, di nonne premurose e di feste patronali. Ogni zona ha la sua specialità, spesso preparata secondo ricette tramandate a voce, scritte a mano su foglietti burrosi di memoria. In questo viaggio tra i dolci più tipici della Romagna, ti porto a conoscere quelli che non possono mancare sulla tavola delle feste (e non solo), con un occhio alle curiosità, agli ingredienti e alle origini.

La ciambella romagnola: semplice, rustica e sempre amata

Iniziamo dal simbolo per eccellenza: la ciambella romagnola, che – curiosamente – non ha il buco!

La Brazadela o Zambela ( in dialetto )è un dolce povero ma ricchissimo di significato.

Preparata con farina, uova, burro, zucchero e un goccio di latte, si impasta a mano e si cuoce direttamente sulla teglia.

La forma? Oblunga, rustica, irregolare.

Il profumo? Inconfondibile.

Tradizionalmente si serve a fette con un bicchiere di Albana passita o con la mitica crema di mascarpone alla romagnola, di cui ti parlerò tra poco.

Si mangia tutto l’anno, ma è il dolce per eccellenza di Pasqua e delle gite fuori porta.

La crema di mascarpone alla romagnola: il cucchiaio della felicità

crema di mascarpone
crema di mascarpone del ristorante La Vecia Cantena d’la Pre’ – Ca’ de Sanzves di Predappio Alta

In Romagna, la crema di mascarpone ha una marcia in più.

La tradizione prevede niente savoiardi, niente caffè: solo uova fresche montate con zucchero, mascarpone e una spolverata di cacao o scaglie di cioccolato.

La crema di mascarpone è la compagna inseparabile della ciambella e dei biscotti secchi.

Il segreto per gustarla al meglio? Guai a farla senza montare bene i tuorli con lo zucchero e gli albumi a neve ben ferma: il segreto è tutto qui.

Zuppa inglese: il dolce delle feste importanti

Di Lungoleno – Opera propriaFotografia autoprodotta, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=82001127

Nonostante il nome esotico, la zuppa inglese è uno dei dolci più radicati in Romagna.

Strati di pan di Spagna inzuppato nell’alchermes, alternati a crema pasticcera gialla e al cioccolato.

Ogni famiglia ha il suo segreto: c’è chi aggiunge anche la crema al mascarpone, chi il liquore Strega, chi la rifinisce con scaglie di cioccolato.

È il dolce delle cerimonie, dei battesimi, dei pranzi della domenica. Va preparato con anticipo, e più riposa, più diventa buono.

Sfrappole e castagnole: il carnevale in una croccantezza

A Carnevale, le sfrappole (chiamate anche chiacchiere) fanno capolino su ogni banco di pasticceria e in ogni casa romagnola. Fritte e spolverate di zucchero a velo, sono l’essenza della leggerezza festosa.

Le castagnole, invece, sono palline morbide, anch’esse fritte, bagnate nell’alchermes e spolverate di zucchero.

Due dolci da mangiare rigorosamente con le mani… e da finire prima che qualcuno te le soffi!

Bustrèng: il dolce delle case contadine

Uno dei più antichi e “poetici” dolci romagnoli è il bustrèng.

È un dolce povero, fatto con quello che c’era: pane raffermo, latte, uova, mele, uvetta, fichi secchi, a volte un filo di saba (mosto cotto).

Ogni casa lo faceva diverso.

Era il modo per non buttare nulla e dare dolcezza anche ai giorni feriali.

Oggi lo si riscopre come dolce della tradizione, in particolare nelle zone tra Cesena e Meldola.

Sabadoni: profumo di autunno

I sabadoni sono ravioli dolci, ripieni di mostarda d’uva, castagne o fichi secchi, cotti al forno o lessati nel vino.

Tipici della stagione fredda, un tempo si preparavano in occasione della pigiatura, usando il mosto fresco.

Sono profumati, antichi, avvolgenti.

Si mangiano anche a Natale, accompagnati da un bicchiere di Cagnina o di Albana dolce meglio se passita.

Nelle altre stagioni i Sabadoni diventano ” Le Raviole di Romagna” stessa ricetta ma ripiene di confettura.

Panpepato di Modigliana: un tesoro dolce della Romagna

A Modigliana, nel cuore dell’Appennino romagnolo, si custodisce una delizia unica: il mandorlato al cioccolato, comunemente chiamato “pampepato” dai locali.

Sebbene il nome richiami il panpepato tradizionale, questa specialità si distingue nettamente per ingredienti e preparazione.

Realizzato con un impasto di cacao (e non cioccolato), farina, zucchero di canna, mandorle intere, scorze di arancia e cedro canditi, e un mix segreto di circa 15 spezie, il dolce viene avvolto in ostia e cotto in stampi circolari.

Il risultato è un dolce morbido, privo di grassi animali, adatto anche a un’alimentazione vegana.

La sua particolare composizione lo rende ideale per essere gustato tutto l’anno, non solo durante le festività natalizie.

Riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) dell’Emilia-Romagna, il mandorlato al cioccolato di Modigliana rappresenta un perfetto connubio tra storia (le sue origini sembrano essere rinascimentali), tradizione e gusto.

Latte brulè e zuccotto: dolci al cucchiaio d’altri tempi

Il latte brulè è il crème caramel della Romagna, semplice e rassicurante. Uova, latte, zucchero e caramello: niente di più. Ma il segreto sta nella cottura lenta a bagnomaria, che ne esalta la delicatezza.

Lo zuccotto romagnolo, meno noto ma molto amato nelle famiglie, è un dolce semicongelato con crema, cioccolato e pan di Spagna. Un tempo si serviva solo nelle grandi occasioni.

Dolci poco conosciuti della Romagna… ma tutti da scoprire!

Accanto ai grandi classici come la ciambella o il mascarpone, la zuppa inglese, la Romagna custodisce dolci meno noti ma ricchissimi di storia e sapore. Alcuni si preparano solo in occasioni particolari, altri sono legati a piccole comunità o ricorrenze stagionali. Ecco una selezione da veri intenditori!

  • Le cantarelle sono delle focaccine semplici e rustiche, tipiche della zona di Rimini. Preparato con una pastella di farina, acqua e un pizzico di sale, questo dolce viene cotto su una piastra calda fino a ottenere una consistenza morbida e leggermente croccante. Tradizionalmente, le cantarelle vengono servite calde, spolverate con zucchero o accompagnate da marmellata, rappresentando uno spuntino goloso e genuino della tradizione romagnola.
  • Il miacetto è un dolce natalizio tipico di Cattolica, preparato con frutta secca, zucchero, cruschello (o farina) e miele, senza l’uso di lievito. La sua consistenza densa e il sapore ricco lo rendono un dolce tradizionale molto apprezzato durante le festività, spesso preparato in casa e condiviso con amici e parenti.
  • Lo zabaione è una crema dolce a base di tuorli d’uovo, zucchero e vino liquoroso, come il Marsala. In Romagna, viene spesso servito caldo, magari accompagnato da biscotti secchi o savoiardi, rappresentando un dessert semplice ma ricco di sapore, ideale per concludere un pasto in dolcezza.
  • Le pesche dolci sono dolcetti composti da due semisfere di pasta frolla, farcite con crema pasticcera e bagnate nell’alchermes, un liquore dal colore rosso intenso. Dopo essere state assemblate, le pesche vengono passate nello zucchero semolato, assumendo l’aspetto e il colore di una vera pesca. Questi dolci sono spesso preparati per le festività o le occasioni speciali, rappresentando una delizia tanto per gli occhi quanto per il palato.
  • Gli scroccadenti sono biscotti secchi e croccanti, preparati con farina, zucchero, uova e mandorle intere. Il loro nome deriva dalla consistenza dura che “scricchiola” sotto i denti. Tradizionalmente, vengono gustati inzuppati nell’albana dolce, rappresentando un classico della pasticceria secca romagnola.
  • Il castagnaccio è un dolce autunnale preparato con farina di castagne, acqua, olio d’oliva, pinoli e uvetta. La sua consistenza è compatta e il sapore è rustico, con note dolci e leggermente amare. In Romagna, viene spesso arricchito con rosmarino, conferendo un aroma unico che richiama i profumi del bosco.
  • l migliaccio è un dolce tradizionale romagnolo. La ricetta storica prevedeva l’uso di sangue suino, zucchero, pinoli, uvetta e aromi, creando una torta densa e scura. Oggi, per motivi igienici è difficile trovarlo in commercio, ma il migliaccio resta un simbolo della cucina povera e creativa della Romagna.
  • La piada dei morti è un dolce tipico del mese di novembre, preparato in occasione della commemorazione dei defunti. Si tratta di una focaccia dolce arricchita con frutta secca, come noci e uvetta, e aromatizzata con semi di anice. La sua preparazione varia da famiglia a famiglia, ma rappresenta un modo tradizionale per onorare i propri cari attraverso la condivisione di un dolce semplice e genuino.

Il Pozzo degli Aforismi: dolcezza e accoglienza a Forlì

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Dopo un assaggio di queste delizie romagnole, se vuoi immergerti ancora di più nelle atmosfere della nostra terra, ti aspetto a “Il Pozzo degli Aforismi”, la mia locazione turistica a Forlì.
È il punto di partenza perfetto per esplorare la Romagna… e magari assaggiare qualcuno di questi dolci in una sagra o in un forno tipico.

E tu? Hai un dolce della tua infanzia che ancora oggi ti fa tornare il sorriso? Scrivimelo nei commenti!

Vini della Romagna: Un Viaggio tra Storia, Gusto e Tradizione

La Romagna è terra di sapori autentici e tradizioni millenarie, e i suoi vini ne sono un esempio perfetto. Dai rossi intensi ai bianchi freschi, questa regione offre un’ampia varietà di vini che raccontano la storia e il carattere del suo territorio. Il vino in Romagna trasmette il sapore di questa terra, la schiettezza, la passione, il carattere e l’accoglienza della sua gente.

Nelle righe che seguono esploreremo i vini più rappresentativi della Romagna, dalle loro origini ai migliori abbinamenti gastronomici:

  • Sangiovese di Romagna;
  • Trebbiano di Romagna;
  • Albana di Romagna;
  • Cagnina di Romagna;
  • Pagadebit di Romagna;
  • Burson;
  • Centesimino.

Romagna terra di vino

La Romagna è una terra di vino per una combinazione di fattori storici, geografici e culturali che hanno favorito la viticoltura nel corso dei secoli, quali:

  • Condizioni climatiche e geografiche favorevoli grazie ad un clima temperato, con estati calde e inverni miti, ideale per la coltivazione della vite. La varietà dei terreni, dalle colline argillose alle pianure sabbiose, permette la coltivazione di diverse varietà di uva.
  • Tradizione vitivinicola ha radici antiche, risalenti all’epoca degli Etruschi e dei Romani. Nel corso dei secoli, la coltivazione della vite è stata tramandata di generazione in generazione, diventando parte integrante della cultura locale.

Storia del vino in Romagna

Le prime testimonianze della viticoltura in Romagna risalgono all’epoca degli Etruschi, che introdussero la coltivazione della vite nella regione.

In epoca romana, la Romagna era una importante zona di produzione vinicola, con vini apprezzati in tutto l’impero.

Nel Medioevo, la viticoltura continuò a prosperare, grazie al lavoro dei monaci benedettini, che contribuirono a migliorare le tecniche di coltivazione e produzione del vino.

Nel corso dei secoli successivi, la viticoltura romagnola ha subito alti e bassi, ma ha sempre mantenuto un ruolo importante nell’economia e nella cultura della regione. Oggi la Romagna è una regione vinicola di eccellenza, con vini che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale e internazionale.

Sangiovese di Romagna: Il Re dei Rossi

Il Sangiovese di Romagna DOC è il vino simbolo della regione. La sua storia affonda le radici nell’epoca romana, ma fu nei monasteri medievali che la sua coltivazione si diffuse maggiormente. È un vino strutturato e deciso, con aromi di frutti rossi, viola e spezie.

Zona di produzione

Le colline della Romagna, da Imola fino a Rimini, sono il cuore della produzione del Sangiovese. Ogni zona dona caratteristiche uniche: più morbido a Bertinoro, più minerale nelle colline di Modigliana.

Curiosità: Si dice che il nome “Sangiovese” derivi da “Sanguis Jovis” (sangue di Giove), a testimonianza della sua antica nobiltà.

Abbinamenti: Pasta al ragù, grigliata di carne, formaggi stagionati.

Trebbiano di Romagna: Il Bianco della Tradizione

Il Trebbiano di Romagna DOC è un vino bianco fresco e leggero, con note agrumate e floreali. È uno dei vitigni più antichi d’Italia, citato già in epoca romana.

Zona di produzione

Si trova in tutta la Romagna, ma eccelle nelle zone di Castrocaro, Faenza e Cesena.

Curiosità: I Romani lo usavano per produrre il “Vinum Trebulanum”, descritto da Plinio il Vecchio.

Abbinamenti: Perfetto con piatti di pesce e verdure grigliate.

Albana: Il Primo DOCG d’Italia

L’Albana di Romagna DOCG è un vino storico, il primo bianco in Italia a ottenere la denominazione DOCG nel 1987.

Più conosciuta e diffusa nella sua variante dolce e passita, l’Albana può essere gustata anche secca

Zona di produzione

Bertinoro è considerata la patria dell’Albana, ma si coltiva anche tra Forlì, Cesena e Faenza.

Curiosità: Secondo la leggenda, Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, rimase incantata dal sapore di questo vino servitole in un’umile coppa di terracotta e disse: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!” da qui nacque il nome della culla dell’Albana, Bertinoro

Abbinamenti: Pastasciutta con ragù bianco, formaggi erborinati, pasticceria secca.

Cagnina: Il Vino Dolce e Fruttato

La Cagnina di Romagna DOC è un vino rosso dolce, con note di frutti di bosco e spezie. Deriva dal vitigno Refosco ed è un vino da bere giovane.

Zona di produzione

Si trova nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena.

Curiosità: In passato era il vino della vendemmia, bevuto dai contadini per festeggiare il raccolto.

Abbinamenti: Castagne arrosto, ciambella romagnola.

Pagadebit: Il Bianco “Salvagente”

Il Pagadebit di Romagna DOC è un vino bianco secco e profumato, il cui nome deriva dalla sua capacità di garantire sempre un raccolto abbondante, permettendo ai contadini di “pagare i debiti”.

Zona di produzione

Diffuso nelle province di Forlì-Cesena e Ravenna.

Abbinamenti: Piadina con squacquerone e rucola, primi piatti a base di pesce.

Bursôn: Il Rosso di Carattere

Il Bursôn, ottenuto dall’uva Longanesi, è un vino rosso potente e strutturato, riscoperto solo nel XX secolo.

Zona di produzione

È tipico della Bassa Romagna, in particolare della zona di Bagnacavallo.

Abbinamenti: Brasati, selvaggina, piatti robusti.

Centesimino: Il Tesoro Nascosto

Il Centesimino è un vitigno autoctono di Faenza, con aromi di rosa, frutti rossi e spezie.

Zona di produzione

Faenza e dintorni.

Curiosità: Deve il nome a Pietro Centesimino, il viticoltore che lo salvò dall’estinzione.

Abbinamenti: Salumi, formaggi stagionati.

Dove degustare i vini della Romagna

Se vuoi scoprire questi vini direttamente dai produttori, ti consiglio di visitare alcune cantine locali. Tra le migliori esperienze enoturistiche in Romagna ci sono:

  • Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e Cesena
  • Le cantine di Bertinoro, patria dell’Albana
  • Le colline di Brisighella, tra olio e vini pregiati
  • Le aziende vitivinicole di Modigliana, terra del Sangiovese di montagna

Curiosità

C’è un detto in Romagna che cita:

Questo detto, cattura perfettamente l’essenza della Romagna, una terra dove il vino è parte integrante della cultura e della tradizione. Ecco alcune considerazioni su questo detto:

  • Radici profonde: La Romagna vanta una lunga storia di produzione vinicola, con vitigni autoctoni come il Sangiovese, l’Albana e il Trebbiano che prosperano in questo territorio. Il vino è sempre stato presente sulle tavole romagnole, accompagnando i pasti e le occasioni di festa.
  • Ospitalità e convivialità: Offrire vino è un gesto di benvenuto e di condivisione, tipico dell’ospitalità romagnola. Il vino è un elemento che favorisce la socializzazione e la convivialità, creando un’atmosfera di calore e amicizia.
  • Identità territoriale: Il vino è un simbolo dell’identità romagnola, un elemento che lega la popolazione alla propria terra e alle proprie tradizioni.
  • Il vino come bevanda per eccellenza: Come già detto, il vino è profondamente radicato nella tradizione romagnola, è visto come la bevanda “naturale” e preferita, simbolo di convivialità e ospitalità.
  • inoltre In passato, l’acqua non sempre era potabile e sicura. Le fonti d’acqua potevano essere contaminate da batteri e altre sostanze nocive, causando malattie.

La Romagna non è solo una terra di piadine e mare, ma anche di vini straordinari che raccontano la storia e la passione di questa regione. Se sei un amante del buon vino, non puoi perderti un tour enogastronomico tra le colline romagnole!

E tu, hai mai provato uno di questi vini? Raccontaci la tua esperienza nei commenti!

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Cappelletti: un simbolo della cucina romagnola

Se c’è un piatto che racconta la Romagna autentica, quello è senza dubbio il cappelletto. Protagonista dei pranzi domenicali e delle festività, il cappelletto in brodo è una tradizione che resiste al tempo. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un piccolo cappello, ma attenzione a non confonderlo con il tortellino bolognese, con cui ha molte differenze.

In questo mio scritto ti farò scoprire la storia di questa specialità, le sue peculiarità rispetto al tortellino e, naturalmente, ti lascio la ricetta autentica per prepararlo a casa.

Storia e origini dei cappelletti romagnoli

I cappelletti hanno una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo.

La prima testimonianza scritta risale al XV secolo, ma è nel XIX secolo, con il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, che il piatto trova la sua consacrazione. Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrive una ricetta dei cappelletti romagnoli, evidenziandone il ripieno a base di formaggi e petto di cappone.

Nella tradizione popolare, il cappelletto era, ed è tutt’oggi considerato un piatto di festa, servito soprattutto nei pranzi di Natale e nelle ricorrenze di famiglia, ma oggi è un’icona della cucina romagnola in tutte le stagioni.

Cappelletti vs. Tortellini: le differenze fondamentali

Una delle domande più frequenti riguarda la differenza tra cappelletti romagnoli e tortellini bolognesi. Ecco i principali aspetti distintivi:

  • Ripieno:
    • I cappelletti romagnoli hanno un ripieno a base di formaggi (ricotta, formaggio morbido e parmigiano), noce moscata e talvolta petto di cappone.
    • I tortellini bolognesi contengono carne maiale (lombetto, prosciutto crudo e mortadella).
  • Sfoglia:
    • La pasta dei cappelletti è leggermente più spessa, per esaltare il ripieno.
    • Quella dei tortellini è più sottile e raffinata.

Modo di servirli: Sia i cappelletti che i tortellini sono tradizionalmente serviti in brodo di cappone o manzo..

La ricetta autentica dei cappelletti romagnoli

Come per la Piadina Romagnola, ogni Azdora ha la sua ricetta di famiglia, rigorosamente segreta; c’è chi mette la noce moscata e chi una grattatina di scorza di limone, chi usa il raviggiolo e chi lo squacquerone o lo stracchino e chi segue la ricetta di “Pellegrino Artusi” e chi sostituisce il petto di cappone con mortadella tritata.

Poi ci sono le “discussioni” sulle dimensioni chi li fa piccolissimi e chi un pò più grandicelli.

Se vuoi preparare i veri cappelletti di Romagna, ecco la ricetta tradizionale più diffusa.

Ingredienti per la pasta (per 4 persone):

  • 400 g di farina 00
  • 4 uova
  • Un pizzico di sale

Ingredienti per il Compenso (ripieno):

  • 200 g di formaggio morbido (raviggiolo/squacquerone/stracchino);
  • 200 g di ricotta;
  • 150 g di parmigiano grattugiato;
  • un pizzico di noce moscata;
  • un pizzico di sale;
  • un pizzico di pepe;
  • una grattatina di scorza di limone (opzionale).

Ingredienti per il brodo:

  • Per un buon brodo ci vuole un assortimento di carne (muscolo, punta di petto, biancostato, polpa di spalla, nervetti, osso, lingua e cappone)
  • cipolla,
  • sedano,
  • carota e odori a scelta (ad esempio grani di pepe e chiodi di garofano)
  • sale grosso q.b.

Preparazione:

  1. Per prima cosa preparare il brodo seguendo la ricetta della tradizione;
  2. Preparare il ripieno: mescolare ricotta, raviggiolo, parmigiano, uovo, noce moscata, sale e pepe fino a ottenere un composto omogeneo.
  3. Preparare la sfoglia: disporre la farina a fontana, rompere le uova al centro e impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico.
  4. Stendere la sfoglia sottile e ritagliare quadratini di circa 4/6 cm per lato.
  5. Farcire i quadratini con un cucchiaino di ripieno, piegarli a triangolo e chiuderli unendo le due estremità per formare il classico “cappelletto”.
  6. Cuocere i cappelletti in brodo per circa 5 minuti e servire caldi.

Come gustarli al meglio ?

I cappelletti si gustano tradizionalmente in brodo di carne , cappone o di manzo, ma oggi esistono anche versioni più moderne con condimenti diversi e freschi da essere gustati anche nei periodo estivi. Sono ottimi serviti anche con panna e parmigiano, panna e prosciutto, ragù o pasticciati (panna e ragù).

Per un’esperienza autentica, accompagnali con un buon bicchiere di Sangiovese di Romagna o con un bianco come l’Albana Secco.

Dove gustare i veri cappelletti in Romagna

Per assaporare i cappelletti romagnoli nella loro forma più autentica, il consiglio è di provarli nelle trattorie e agriturismi della Romagna, dove la tradizione si tramanda da generazioni. Ogni zona ha le sue varianti e segreti di famiglia, ma il risultato è sempre lo stesso: un piatto ricco di storia e sapore.

Se vuoi vivere un’esperienza completa, molte di queste realtà offrono la possibilità di assistere alla preparazione dei cappelletti, dalle sapienti mani di una “vera sfoglina romagnola“, che con maestria crea la pasta fresca e chiude ogni cappelletto a mano.

Un’occasione perfetta per immergersi nella cultura gastronomica locale!

E se vuoi goderti il meglio della Romagna, soggiorna a Il Pozzo degli Aforismi di Forlì, è l’ideale per scoprire la Romagna e il suo territorio.Vicino a tutto, lontano dalla confusione” qui potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa.

Conclusione

I cappelletti di Romagna sono un piatto che racchiude storia, tradizione e autentico sapore romagnolo. Se non li hai mai provati, è il momento giusto per farlo! Puoi prepararli in casa seguendo la ricetta o venire a gustarli nelle migliori trattorie della nostra terra. Buon appetito!

NB le sapienti mani che vedi nell’immagine multipla sono della Chef Barbara Lucchi del ristorante “La vecia cantena d’la pre’ ” a Predappio Alta.