Dolci tentazioni di Romagna: ciambelle, sfrappole e un cucchiaio di mascarpone

In Romagna, il dolce non è solo la fine di un pasto: è un rituale affettuoso, una coccola che sa di casa, di nonne premurose e di feste patronali. Ogni zona ha la sua specialità, spesso preparata secondo ricette tramandate a voce, scritte a mano su foglietti burrosi di memoria. In questo viaggio tra i dolci più tipici della Romagna, ti porto a conoscere quelli che non possono mancare sulla tavola delle feste (e non solo), con un occhio alle curiosità, agli ingredienti e alle origini.

La ciambella romagnola: semplice, rustica e sempre amata

Iniziamo dal simbolo per eccellenza: la ciambella romagnola, che – curiosamente – non ha il buco!

La Brazadela o Zambela ( in dialetto )è un dolce povero ma ricchissimo di significato.

Preparata con farina, uova, burro, zucchero e un goccio di latte, si impasta a mano e si cuoce direttamente sulla teglia.

La forma? Oblunga, rustica, irregolare.

Il profumo? Inconfondibile.

Tradizionalmente si serve a fette con un bicchiere di Albana passita o con la mitica crema di mascarpone alla romagnola, di cui ti parlerò tra poco.

Si mangia tutto l’anno, ma è il dolce per eccellenza di Pasqua e delle gite fuori porta.

La crema di mascarpone alla romagnola: il cucchiaio della felicità

crema di mascarpone
crema di mascarpone del ristorante La Vecia Cantena d’la Pre’ – Ca’ de Sanzves di Predappio Alta

In Romagna, la crema di mascarpone ha una marcia in più.

La tradizione prevede niente savoiardi, niente caffè: solo uova fresche montate con zucchero, mascarpone e una spolverata di cacao o scaglie di cioccolato.

La crema di mascarpone è la compagna inseparabile della ciambella e dei biscotti secchi.

Il segreto per gustarla al meglio? Guai a farla senza montare bene i tuorli con lo zucchero e gli albumi a neve ben ferma: il segreto è tutto qui.

Zuppa inglese: il dolce delle feste importanti

Di Lungoleno – Opera propriaFotografia autoprodotta, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=82001127

Nonostante il nome esotico, la zuppa inglese è uno dei dolci più radicati in Romagna.

Strati di pan di Spagna inzuppato nell’alchermes, alternati a crema pasticcera gialla e al cioccolato.

Ogni famiglia ha il suo segreto: c’è chi aggiunge anche la crema al mascarpone, chi il liquore Strega, chi la rifinisce con scaglie di cioccolato.

È il dolce delle cerimonie, dei battesimi, dei pranzi della domenica. Va preparato con anticipo, e più riposa, più diventa buono.

Sfrappole e castagnole: il carnevale in una croccantezza

A Carnevale, le sfrappole (chiamate anche chiacchiere) fanno capolino su ogni banco di pasticceria e in ogni casa romagnola. Fritte e spolverate di zucchero a velo, sono l’essenza della leggerezza festosa.

Le castagnole, invece, sono palline morbide, anch’esse fritte, bagnate nell’alchermes e spolverate di zucchero.

Due dolci da mangiare rigorosamente con le mani… e da finire prima che qualcuno te le soffi!

Bustrèng: il dolce delle case contadine

Uno dei più antichi e “poetici” dolci romagnoli è il bustrèng.

È un dolce povero, fatto con quello che c’era: pane raffermo, latte, uova, mele, uvetta, fichi secchi, a volte un filo di saba (mosto cotto).

Ogni casa lo faceva diverso.

Era il modo per non buttare nulla e dare dolcezza anche ai giorni feriali.

Oggi lo si riscopre come dolce della tradizione, in particolare nelle zone tra Cesena e Meldola.

Sabadoni: profumo di autunno

I sabadoni sono ravioli dolci, ripieni di mostarda d’uva, castagne o fichi secchi, cotti al forno o lessati nel vino.

Tipici della stagione fredda, un tempo si preparavano in occasione della pigiatura, usando il mosto fresco.

Sono profumati, antichi, avvolgenti.

Si mangiano anche a Natale, accompagnati da un bicchiere di Cagnina o di Albana dolce meglio se passita.

Nelle altre stagioni i Sabadoni diventano ” Le Raviole di Romagna” stessa ricetta ma ripiene di confettura.

Panpepato di Modigliana: un tesoro dolce della Romagna

A Modigliana, nel cuore dell’Appennino romagnolo, si custodisce una delizia unica: il mandorlato al cioccolato, comunemente chiamato “pampepato” dai locali.

Sebbene il nome richiami il panpepato tradizionale, questa specialità si distingue nettamente per ingredienti e preparazione.

Realizzato con un impasto di cacao (e non cioccolato), farina, zucchero di canna, mandorle intere, scorze di arancia e cedro canditi, e un mix segreto di circa 15 spezie, il dolce viene avvolto in ostia e cotto in stampi circolari.

Il risultato è un dolce morbido, privo di grassi animali, adatto anche a un’alimentazione vegana.

La sua particolare composizione lo rende ideale per essere gustato tutto l’anno, non solo durante le festività natalizie.

Riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) dell’Emilia-Romagna, il mandorlato al cioccolato di Modigliana rappresenta un perfetto connubio tra storia (le sue origini sembrano essere rinascimentali), tradizione e gusto.

Latte brulè e zuccotto: dolci al cucchiaio d’altri tempi

Il latte brulè è il crème caramel della Romagna, semplice e rassicurante. Uova, latte, zucchero e caramello: niente di più. Ma il segreto sta nella cottura lenta a bagnomaria, che ne esalta la delicatezza.

Lo zuccotto romagnolo, meno noto ma molto amato nelle famiglie, è un dolce semicongelato con crema, cioccolato e pan di Spagna. Un tempo si serviva solo nelle grandi occasioni.

Dolci poco conosciuti della Romagna… ma tutti da scoprire!

Accanto ai grandi classici come la ciambella o il mascarpone, la zuppa inglese, la Romagna custodisce dolci meno noti ma ricchissimi di storia e sapore. Alcuni si preparano solo in occasioni particolari, altri sono legati a piccole comunità o ricorrenze stagionali. Ecco una selezione da veri intenditori!

  • Le cantarelle sono delle focaccine semplici e rustiche, tipiche della zona di Rimini. Preparato con una pastella di farina, acqua e un pizzico di sale, questo dolce viene cotto su una piastra calda fino a ottenere una consistenza morbida e leggermente croccante. Tradizionalmente, le cantarelle vengono servite calde, spolverate con zucchero o accompagnate da marmellata, rappresentando uno spuntino goloso e genuino della tradizione romagnola.
  • Il miacetto è un dolce natalizio tipico di Cattolica, preparato con frutta secca, zucchero, cruschello (o farina) e miele, senza l’uso di lievito. La sua consistenza densa e il sapore ricco lo rendono un dolce tradizionale molto apprezzato durante le festività, spesso preparato in casa e condiviso con amici e parenti.
  • Lo zabaione è una crema dolce a base di tuorli d’uovo, zucchero e vino liquoroso, come il Marsala. In Romagna, viene spesso servito caldo, magari accompagnato da biscotti secchi o savoiardi, rappresentando un dessert semplice ma ricco di sapore, ideale per concludere un pasto in dolcezza.
  • Le pesche dolci sono dolcetti composti da due semisfere di pasta frolla, farcite con crema pasticcera e bagnate nell’alchermes, un liquore dal colore rosso intenso. Dopo essere state assemblate, le pesche vengono passate nello zucchero semolato, assumendo l’aspetto e il colore di una vera pesca. Questi dolci sono spesso preparati per le festività o le occasioni speciali, rappresentando una delizia tanto per gli occhi quanto per il palato.
  • Gli scroccadenti sono biscotti secchi e croccanti, preparati con farina, zucchero, uova e mandorle intere. Il loro nome deriva dalla consistenza dura che “scricchiola” sotto i denti. Tradizionalmente, vengono gustati inzuppati nell’albana dolce, rappresentando un classico della pasticceria secca romagnola.
  • Il castagnaccio è un dolce autunnale preparato con farina di castagne, acqua, olio d’oliva, pinoli e uvetta. La sua consistenza è compatta e il sapore è rustico, con note dolci e leggermente amare. In Romagna, viene spesso arricchito con rosmarino, conferendo un aroma unico che richiama i profumi del bosco.
  • l migliaccio è un dolce tradizionale romagnolo. La ricetta storica prevedeva l’uso di sangue suino, zucchero, pinoli, uvetta e aromi, creando una torta densa e scura. Oggi, per motivi igienici è difficile trovarlo in commercio, ma il migliaccio resta un simbolo della cucina povera e creativa della Romagna.
  • La piada dei morti è un dolce tipico del mese di novembre, preparato in occasione della commemorazione dei defunti. Si tratta di una focaccia dolce arricchita con frutta secca, come noci e uvetta, e aromatizzata con semi di anice. La sua preparazione varia da famiglia a famiglia, ma rappresenta un modo tradizionale per onorare i propri cari attraverso la condivisione di un dolce semplice e genuino.

Il Pozzo degli Aforismi: dolcezza e accoglienza a Forlì

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Dopo un assaggio di queste delizie romagnole, se vuoi immergerti ancora di più nelle atmosfere della nostra terra, ti aspetto a “Il Pozzo degli Aforismi”, la mia locazione turistica a Forlì.
È il punto di partenza perfetto per esplorare la Romagna… e magari assaggiare qualcuno di questi dolci in una sagra o in un forno tipico.

E tu? Hai un dolce della tua infanzia che ancora oggi ti fa tornare il sorriso? Scrivimelo nei commenti!

Notte Rosa 2025: il Capodanno dell’estate in Romagna

Se non hai mai vissuto la Notte Rosa in Romagna, il 2025 è l’anno perfetto per farlo. L’appuntamento più atteso dell’estate romagnola torna venerdì 20 e sabato 21 giugno, trasformando tutta la costa e l’entroterra in un’esplosione di luci, musica ed eventi. Un weekend lungo che inaugura ufficialmente l’estate, celebrato da Rimini a Ravenna, passando per Cesenatico, Riccione, Comacchio e persino le colline dell’entroterra. Non a caso viene chiamata il “Capodanno dell’estate“: la Notte Rosa non è solo una festa, ma un modo di vivere, un rituale collettivo che unisce persone di ogni età sotto il segno dell’accoglienza, del divertimento e della bellezza.

Una tradizione che si rinnova dal 2006

Nata nel 2006 da un’idea dell’APT Servizi dell’Emilia-Romagna, la Notte Rosa ha saputo trasformarsi in un simbolo dell’identità romagnola.

Il rosa, colore della festa per eccellenza, tinge ogni angolo: dalle luci degli stabilimenti balneari alle fontane, dai monumenti storici ai cocktail, tutto si colora di rosa.

I fuochi d’artificio che illuminano contemporaneamente tutta la Riviera sono uno spettacolo emozionante, che ogni anno attira centinaia di migliaia di persone.

Ma la Notte Rosa non è solo mare e musica: è anche cultura, arte, teatro, sport e intrattenimento per famiglie.

Un evento inclusivo, pensato per tutti.

Programma e aspettative per l’edizione 2025

L’edizione 2025 cade in un fine settimana strategico: nel weekend del solstizio d’estate, le scuole sono chiuse, le giornate sono lunghe e calde.

Qui trovi il programma ufficiale, si prevede, come sempre, un ricchissimo calendario di eventi. Concerti gratuiti con artisti di fama nazionale e internazionale, spettacoli circensi, dj set sulla spiaggia, mostre, installazioni luminose, reading letterari, eventi sportivi all’alba e molto altro.

La musica sarà il filo conduttore, ma ogni luogo offrirà qualcosa di unico.

Dove vivere la Notte Rosa

By Gambu82 – Own work, CC BY-SA 4.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=72908891

Se ti stai chiedendo dove andare per vivere al meglio la Notte Rosa, la risposta è: ovunque.

Ogni località della Riviera propone un calendario personalizzato, ma alcune location sono diventate iconiche:

  • il concerto sulla spiaggia di Rimini,
  • la Notte Rosa dei Bambini a Bellaria-Igea Marina,
  • il Pink Street Food Festival di Riccione,
  • le installazioni artistiche a Cesenatico,
  • gli eventi culturali notturni a Ravenna.

Numerosi sono gli eventi più adatti ai più piccoli, come le feste in spiaggia dedicate a loro, i laboratori creativi e gli spettacoli di burattini.

E poi ci sono le sorprese, perché ogni anno la Notte Rosa riesce a stupire con novità originali.

Perché scegliere Forlì come base

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Se vuoi evitare la confusione della costa ma non vuoi rinunciare alla festa, c’è una soluzione perfetta: soggiornare a Forlì. La città, pur non essendo sul mare, è ben collegata con tutte le località della Riviera e offre un’ottima alternativa per chi cerca un alloggio tranquillo ma strategico.

Forlì è al centro della Romagna, a trenta minuti di auto da Cervia, Cesenatico e Rimini, ma anche vicinissima ai borghi collinari come Bertinoro, Castrocaro e Brisighella. Una base ideale per vivere la Notte Rosa e andare alla scoperta dell’entroterra di giorno.

Se cerchi un posto dove soggiornare nel weekend rosa la nostra locazione turistica Il Pozzo degli Aforismi rappresenta la scelta perfetta per chi desidera coniugare comfort, atmosfera e posizione strategica. Gli ambienti curati e la vicinanza alle principali attrazioni culturali e gastronomiche della zona la rendono un punto di partenza ideale per ogni escursione.

E poi, anche Forlì quest’ anno si tinge di rosa.

Notte Rosa 2025 a Forlì: musica, emozioni e un’alba da ricordare

Anche Forlì partecipa con entusiasmo alla grande festa della Notte Rosa, regalando ai visitatori due serate ricche di musica e atmosfera.

Venerdì 20 giugno, dalle 19:30 alle 21:00, ti consiglio di iniziare la serata con un aperitivo accompagnato da musica dal vivo alla Corte Masini, grazie all’ensemble dell’Istituto Musicale “Angelo Masini”, oppure al Chiostro dei Musei San Domenico, dove si esibisce la band The Wave.

Dalle 21:30 la festa si accende in Piazza Saffi con un travolgente dj set firmato Kubik & Cire Vocalist, e a seguire lo show degli iconici Eiffel 65, per una serata in perfetto stile anni Duemila. Ma non è tutto: dopo il live, si continua a ballare con il dj set di Marvin & Andrea Prezioso.

Per chi ama la magia delle prime luci del giorno, sabato 21 giugno alle 6:00 del mattino, ti aspetta un suggestivo concerto all’alba alla Rocca di Ravaldino, con Andrea Missiroli al pianoforte e una colazione speciale a cura di Chicchiamo – Bar Truck. Un momento intimo e poetico per chiudere in bellezza la Notte Rosa forlivese.

Consigli utili per vivere al meglio la Notte rosa a Forlì

  • Arriva presto in Piazza Saffi: l’area sarà chiusa al traffico dalle 18:00, e l’accesso sarà possibile solo attraverso 5 varchi di ingresso controllati, attivi dalle 18:45. Ti consiglio di arrivare con un po’ di anticipo per goderti l’atmosfera e trovare una buona posizione.
  • Attenzione a cosa porti: sono vietati bottiglie e contenitori in vetro, lattine, spray urticanti e qualsiasi oggetto potenzialmente pericoloso. Meglio portare solo l’essenziale.
  • Parcheggi consigliati: se arrivi in auto, puoi lasciare il veicolo nei parcheggi di Piazza del Carmine, Parcheggio Montegrappa, oppure nell’area Ex Mangelli (vicino alla stazione), da cui puoi proseguire a piedi o con i mezzi.
  • Mezzi pubblici e navette: durante la serata saranno attivi servizi potenziati di trasporto urbano. Controlla il sito Start Romagna per linee e orari aggiornati.
  • Per le famiglie: l’evento musicale serale è adatto anche ai più giovani, ma se preferisci qualcosa di più tranquillo e suggestivo, il concerto all’alba alla Rocca di Ravaldino è l’occasione perfetta. Porta con te una coperta o una stuoia per sederti sull’erba.

Alla scoperta dell’entroterra

Soggiornare a Forlì durante la Notte Rosa ti da la possibilità di esplorare anche l’entroterra, spesso escluso dai percorsi turistici più classici.

Il giorno dopo l’evento, puoi approfittare per visitare Bertinoro, con le sue cantine e il balcone panoramico sulla Romagna, oppure Castrocaro Terme con le sue acque termali e la Fortezza medievale. Puoi organizzare una degustazione in una delle tante aziende agricole o una passeggiata nei boschi delle colline forlivesi. La Notte Rosa può essere anche il punto di partenza per un weekend più lungo, alla scoperta di una Romagna autentica, fatta di sapori, incontri e paesaggi.

Romagna da vivere, Forlì da scoprire

La Notte Rosa è un evento che racconta lo spirito della Romagna: accoglienza, voglia di vivere, bellezza, cultura e libertà. Lasciati sorprendere dalla magia del rosa, dalla luce dei fuochi d’artificio, dai suoni dell’estate e dalle emozioni di una terra che sa come accoglierti.

E tu, hai già vissuto una Notte Rosa? Raccontalo nei commenti qui sotto.

I Palazzi di Forlì: Un Viaggio tra Storia, Arte e Identità

Passeggiare per Forlì è come sfogliare un libro di storia a cielo aperto. Forlì è una città che porta le tracce del suo passato nei suoi edifici più antichi e prestigiosi. I palazzi dei vari rioni raccontano storie di nobili famiglie, figure ecclesiastiche e trasformazioni urbanistiche avvenute nei secoli. Dietro le sue facciate eleganti, i portali decorati e le finestre scolpite si celano secoli di storia, arte e vicende umane. Passeggiando per il centro storico, è impossibile non restare affascinati dai suoi palazzi nobiliari, ognuno con il proprio carattere e un passato che merita di essere raccontato.
Oltre alle sue affascinanti piazze, la città romagnola custodisce un patrimonio architettonico sorprendente, che scopriremo insieme in questo itinerario fra i palazzi più significativi e affascinanti di Forlì, da quelli celebri a quelli meno conosciuti, ma non per questo meno importanti.

Il Palazzo Paolucci De Calboli: eleganza nobiliare a un passo da San Mercuriale

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Proprio accanto all’imponente Abbazia di San Mercuriale, affacciato su Largo De Calboli, sorge uno degli edifici più eleganti del centro storico di Forlì: Palazzo Paolucci De Calboli.

Questa raffinata residenza nobiliare, appartenuta all’omonima famiglia forlivese, rappresenta un perfetto esempio di architettura settecentesca, con una facciata sobria ma armoniosa, decorata da lesene e finestre simmetriche.

Il palazzo custodisce interni affrescati e ambienti ricchi di storia, che in passato ospitarono figure di spicco della cultura e della politica romagnola.

Oggi il palazzo non è visitabile all’interno, ma il suo esterno affascina ancora i visitatori che percorrono il centro, offrendo un angolo pittoresco e fotografico proprio a ridosso di una delle chiese più iconiche della città.

Se passeggi in zona, non dimenticare di alzare lo sguardo: ogni dettaglio racconta una storia di nobiltà e radicamento nel cuore di Forlì.

Palazzo Piazza De Calboli: la Prefettura tra storia e istituzioni

Nel cuore di Forlì, precisamente in Piazza Ordelaffi, perfettamente inserito tra le vie eleganti che circondano Piazza Saffi, sorge un edificio austero ed imponente: Palazzo Piazza De Calboli, attuale sede della Prefettura di Forlì-Cesena.

Costruito tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, il palazzo prende il nome dalla famiglia Piazza De Calboli, antica casata forlivese che ne fece la propria residenza nobiliare.

L’edificio, con la sua facciata sobria ma armoniosa, è oggi uno dei simboli del potere amministrativo e istituzionale della città.

I suoi spazi interni, riservati alle funzioni prefettizie, custodiscono ambienti eleganti e decorazioni d’epoca, che testimoniano il prestigio della sua storia. Molto bello il suo giardino interno aperto al pubblico solo in occasioni parti.

Palazzo Gaddi: tra rigore medievale e fasti barocchi

Di Controllore Fiscale – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4751717

Passeggiando lungo Corso Garibaldi, quasi a metà strada tra la piazza principale e Porta Schiavonia, ci si imbatte in uno dei palazzi più affascinanti di Forlì: Palazzo Gaddi.

A prima vista, la sua facciata sobria e imponente richiama l’austerità delle architetture medievali, con linee semplici e severe che tradiscono le sue antiche origini. Ma è varcando la soglia che si compie la vera magia: gli ambienti interni, restaurati nel Settecento, si aprono a una scenografia barocca ricca di stucchi, affreschi e decorazioni sontuose.

Questo contrasto tra esterno ed interno rende il palazzo unico nel suo genere, quasi a simboleggiare la duplice anima della città, tra tradizione e rinnovamento.

Un tempo dimora della nobile famiglia Gaddi, il palazzo è oggi sede di due importanti istituzioni culturali forlivesi: il Museo del Risorgimento, che racconta le vicende locali legate all’Unità d’Italia, e il Museo Romagnolo del Teatro, un vero e proprio scrigno dedicato alla storia del teatro in Romagna, con costumi, scenografie e cimeli curiosi.

Camminare tra queste sale è come fare un viaggio nel tempo, tra passioni patriottiche e sipari alzati.

Palazzo Gaddi è uno di quei luoghi dove la cultura si respira a pieni polmoni. Un piccolo gioiello nel cuore della città, che troppo spesso sfugge agli sguardi frettolosi ma che merita di essere scoperto con lentezza e meraviglia.

Palazzo Orsi Mangelli: eleganza barocca tra storia e design contemporaneo

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Lungo Corso Armando Diaz, si erge Palazzo Orsi Mangelli, un edificio che racconta secoli di storia e trasformazioni.

Originariamente costruito nel XVIII secolo dalla famiglia Merlini, il palazzo fu acquistato nel 1802 dal cardinale Paolo Orsi Mangelli, che ne arricchì la facciata con elementi barocchi, conferendogli l’aspetto imponente che ancora oggi possiamo ammirare.

La struttura presenta una pianta quadrata con un cortile interno circondato da una loggia.

La facciata principale, rimasta intatta nel suo stile barocco, è caratterizzata da due grandi portali in pietra sormontati da balconi, lesene e finestre incorniciate. All’interno, si possono ancora apprezzare decorazioni pittoriche attribuite al quadraturista bolognese Angelo Zaccarini, risalenti alla seconda metà del XVIII secolo.

Nel corso del tempo, il palazzo ha subito diverse ristrutturazioni, tra cui un’importante intervento nel 1925 su progetto dell’architetto milanese Ariodante Bazzero. In questa occasione, furono apportate modifiche significative, come l’apertura di un secondo portale d’ingresso sulla facciata.

Oggi, Palazzo Orsi Mangelli ospita la sede principale di Luxury Living Group, azienda leader nel settore dell’arredamento di lusso. Dal 2013, il palazzo è stato trasformato in un elegante showroom che espone le collezioni di marchi prestigiosi come Trussardi Casa, Versace Home e Dolce&Gabbana Casa, mantenendo intatto il fascino storico dell’edificio.

Visitare Palazzo Orsi Mangelli significa immergersi in un luogo dove il passato e il presente si incontrano armoniosamente, offrendo uno spaccato unico della storia architettonica e culturale di Forlì.

Palazzo Benzi (ex Democrazia Cristiana): Memorie del Novecento

Conosciuto fino a poco tempo fa come sede della Democrazia Cristiana, questo edificio in realtà è lo storico Palazzo Benzi. Nel tempo il palazzo fu oggetto di diversi passaggi di proprietà (dai Guarini ai Benzi ed infine ai Silingardi) e diversi cambi d’uso.

Dal 1865 fu sede della società filodrammatica, nel 1927 divenne sede dell’Opera Nazionale Balilla, Casa della giovane Italia nel 1933 ed infine sede della democrazia cristiana nel dopoguerra.

Negli anni della Prima Repubblica, Palazzo Benzi della Democrazia Cristiana fu il cuore pulsante della vita politica forlivese. Situato in una posizione strategica, questo edificio ha ospitato per decenni riunioni, comizi, incontri con grandi nomi della politica italiana.

Sebbene architettonicamente sia meno appariscente rispetto ad altri palazzi storici, ha un forte valore simbolico: rappresenta una fase cruciale della storia del dopoguerra, fatta di ricostruzione, ideali e partecipazione democratica.

La facciata sobria, fu ridisegnata da Virginio Stramigioli sullo stile del tardo ottocento, con volumi decisi e un ruolo chiave nella vita politica del secolo scorso. Il piano nobile conserva decorazioni settecentesche di Giuseppe Marchetti.

Oggi dopo decenni in stato di abbandono è stato venduto all’asta e speriamo venga riqualificato quanti prima.

Palazzo Merenda: La Cultura che Abita i Palazzi

Di Controllore Fiscale – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5017206

Nel cuore di Forlì, al civico 72 di Corso della Repubblica, sorge il Palazzo del Merenda, un edificio che incarna secoli di storia e trasformazioni.

Costruito nel 1722 su progetto del frate architetto Giuseppe Merenda, il palazzo nacque come “Ospedale Casa di Dio per gli Infermi”, destinato a diventare il principale luogo di cura della città. La sua struttura originaria, con pianta a croce e cortili interni, rifletteva le esigenze funzionali dell’epoca.

Dopo la costruzione del nuovo Ospedale Giovan Battista Morgagni nel 1922, il palazzo fu riconvertito a sede culturale, ospitando la Biblioteca Comunale “Aurelio Saffi”, la Pinacoteca Civica “Melozzo degli Ambrogi”, il Museo Archeologico “Antonio Santarelli” e il Museo Etnografico Romagnolo “Benedetto Pergoli”.

Oggi sede della Biblioteca Comunale “Aurelio Saffi”, Palazzo Merenda è uno degli esempi più belli di come un palazzo nobiliare possa trasformarsi in centro culturale.

Le sue sale ospitano preziosi manoscritti antichi, volumi rari e opere d’arte che raccontano la storia di Forlì dal Medioevo al Novecento, oltre ad eventi letterari e mostre.

Palazzo Merenda è il luogo ideale per chi desidera immergersi nella cultura locale, tra silenzi, arte e conoscenza.

N.B: Attualmente, il Palazzo del Merenda è oggetto di un importante intervento di ristrutturazione, volto a restituire alla città uno dei suoi luoghi simbolo della cultura. Nel frattempo, alcune delle opere più significative delle collezioni civiche sono esposte in mostre temporanee, come quella dedicata a Guercino a Cento, altre come la Ebe del Canova trasferite ai musei San Domenico

Ex Ospedale Morgagni: Archeologia della Medicina

Di Lepido – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17716180

Tra i palazzi storici di Forlì merita una menzione speciale anche l’ex Ospedale Giovan Battista Morgagni, un esempio unico di architettura ospedaliera del primo Novecento.

Progettato dall’architetto ravennate Giovanni Tempioni nel 1907 e aperto al pubblico nel 1915, l’edificio fu pensato secondo il modello delle cosiddette “Nightingale wards”, ovvero strutture ospedaliere a padiglioni separati, concepite per garantire igiene, luce e funzionalità.

La facciata, semplice e imponente, richiama l’estetica dell’edilizia industriale dell’epoca, con un corpo centrale sporgente e grandi bifore sormontate da archi ribassati. Un lungo frontone corre lungo tutta la sommità dell’edificio, nascondendone la copertura a padiglione e conferendogli un aspetto compatto e austero.

All’interno, le sale d’ingresso erano arricchite da epigrafi commemorative e sculture firmate da artisti come Bernardino Boifava, Giuseppe Canalini, Roberto de Cupis e Ugo Savorana, che rendevano omaggio alle figure più illustri della medicina forlivese.

Nel 1939 fu costruito anche il Padiglione Maternità, su progetto dell’architetto cesenate Aldo Zacchi, grazie all’intervento di Manlio Morgagni: un ampliamento significativo, inaugurato nel 1941, che testimoniava il continuo evolversi della struttura al servizio della comunità.

Sebbene l’attività ospedaliera si sia trasferita, l’ex ospedale Morgagni resta un importante esempio di architettura sanitaria storica e un punto di riferimento nella memoria cittadina.

Oggi l’ex ospedale Morgagni è sede dell’università.

Palazzo dei Padri della Missione: Tra Fede e Carità

Su Piazza Giovan Battista Morgagni, si erge il maestoso Palazzo dei Padri della Missione, noto anche come Palazzo dei Signori della Missione o Palazzo della Provincia.

Costruito tra il 1713 e il 1742 per volontà del cardinale Fabrizio Paolucci, l’edificio fu destinato a ospitare i Padri della Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli.

La sua facciata in cotto, tipica del “rosso forlivese”, e la cappella interna progettata nel 1721 da Giuseppe Merenda, conferiscono al palazzo un’eleganza sobria e austera.

Nel corso dei secoli, il palazzo ha vissuto diverse trasformazioni: durante l’occupazione francese fu convertito in caserma; successivamente, divenne sede del Ginnasio-Liceo Classico “Giovan Battista Morgagni”, della Biblioteca Civica, della Pinacoteca e dei Musei Civici.

Oggi, il palazzo ospita gli uffici della Provincia di Forlì-Cesena, continuando a essere un punto di riferimento per la vita civica della città.

Palazzo Monsignani: un palazzo dal cuore educativo

A pochi passi da Corso Garibaldi, in via dei Mille al n.3, si trova Palazzo Monsignani, un edificio elegante ma discreto che ha scritto – e continua a scrivere – una pagina speciale nella storia dell’educazione forlivese.

Per molti, come per me, non è solo un palazzo: è un ricordo d’infanzia, di grembiulini, ricreazioni e suore Dorotee che accoglievano i bambini con sorrisi e rigore.

Questo edificio, infatti, è stato per decenni sede della scuola dell’infanzia e della scuola elementare gestita dalle suore maestre Dorotee, educatrici instancabili e profondamente radicate nella comunità cittadina.

In origine appartenuto alla famiglia Lombardini, con legami agli Ordelaffi, passò ai Monsignani per via matrimoniale e fu poi ereditato dai Morattini nel 1749.

Nell’Ottocento divenne sede dell’Istituto delle Suore Dorotee, mantenendo la sua vocazione educativa fino a oggi, anche se oggi è gestito da laici.

Sul piano architettonico, il palazzo si distingue per uno stile sobrio ma armonioso, con una facciata lineare impreziosita da cornici in pietra e grandi finestre che danno luce agli ambienti interni.

Nonostante non presenti decorazioni barocche o fasti rinascimentali, Palazzo Monsignani è un perfetto esempio di architettura civile settecentesca, pensata per ospitare una funzione precisa: l’accoglienza e la formazione.

Gli interni, distribuiti su più livelli, eleganti e riservati, custodiscono ancora quell’atmosfera ovattata tipica degli istituti religiosi, con ampie aule, corridoi silenziosi e un giardino interno che sembra un mondo a sé.

Il cortile interno, con le eleganti colonne e lo stemma di famiglia, è solo l’inizio di un viaggio tra affreschi e stucchi preziosi: sale decorate da artisti come Annibale Marabini, Angelo Zaccarini e Giacomo Zampa, con soggetti mitologici e allegorici, testimoniano il gusto raffinato dei Monsignani.

La spiritualità, la cultura dell’accoglienza e l’impegno educativo che lo hanno caratterizzato fin dall’inizio si respirano ancora tra le sue mura.

È bello sapere che, nonostante il tempo che passa e i cambiamenti che investono ogni istituzione, ci siano luoghi come questo in cui la memoria e il presente continuano a dialogare.

E non manca un tocco di storia contemporanea: nel 1986 Papa Giovanni Paolo II vi sostò durante la sua visita a Forlì, lasciando un ricordo ancora intatto in una delle stanze al pianterreno.

Monte di Pietà: carità e giustizia sociale

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Al civico 45 di Corso Garibaldi, si erge il Palazzo del Monte di Pietà, un edificio che racconta oltre cinque secoli di storia cittadina e incarna i valori di solidarietà e giustizia sociale propri della Forlì rinascimentale.

Costruito nella prima metà del Cinquecento, il palazzo fu realizzato sulle rovine dell’antico Palazzo della famiglia Orsi, demolito per ordine di Caterina Sforza nel 1488, in seguito all’assassinio del marito Girolamo Riario. Al suo posto, nel 1511, venne istituito il Monte di Pietà: un’istituzione nata per offrire credito a condizioni eque e contrastare l’usura, con l’obiettivo di aiutare le fasce più deboli della popolazione.

La facciata del palazzo, sobria ed essenziale, riflette la vocazione etica e morale dell’edificio: nessuna ostentazione, solo solidità e autorevolezza, in linea con la funzione caritatevole che vi si svolgeva. All’interno, è ancora possibile intravedere le tracce dell’antica organizzazione degli spazi: le sale in cui si gestivano i pegni, i documenti e le trattative testimoniano un’operosità silenziosa e discreta.

Per secoli, il Monte di Pietà ha rappresentato una vera ancora di salvezza per molti forlivesi, erogando prestiti a interessi minimi o nulli, grazie alla gestione da parte di enti religiosi e civili che ne garantivano l’integrità.

Nel 2007, l’edificio ha conosciuto una nuova rinascita: è divenuto sede della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, che ne ha curato un importante restauro conservativo, restituendolo alla città in tutto il suo valore storico e culturale. Oggi il palazzo è un vivo centro culturale, che ospita mostre, eventi e iniziative legate alla promozione del patrimonio locale, dimostrando come la memoria storica possa trasformarsi in una risorsa per il futuro.

Il Palazzo del Monte di Pietà continua così a raccontare la storia di una Forlì solidale, fedele ai suoi ideali di giustizia sociale, cultura e attenzione al bene comune.

Palazzo Casa del Mutilato: la memoria scolpita nella pietra

Costruito negli anni Trenta del Novecento, la Casa del Mutilato è un esempio tipico di architettura razionalista, caratterizzata da linee severe, materiali duri e una forte simbologia patriottica.

L’edificio fu concepito per accogliere i reduci della Prima Guerra Mondiale e le associazioni a loro dedicate.

All’esterno, bassorilievi e iscrizioni celebrano il sacrificio dei combattenti, mentre l’interno conserva ancora l’impostazione originale, con ampie sale per le assemblee.

È un luogo della memoria, che parla della sofferenza e del coraggio, ma anche della volontà di rinascita di un’intera generazione. Visitandolo, si respira il senso di rispetto e gratitudine che la città ha voluto esprimere verso i suoi eroi.

Altri palazzi non meno importanti ed affascinanti

  • Palazzo Reggiani: si trova in Corso Giuseppe Garibaldi 161, è un palazzo di linee classiche e compostezza estrema, uno degli esempi dell’architettura borghese di fine Ottocento, con una facciata lineare che nasconde interni decorati con gusto. Perfetto per chi ama l’equilibrio e la discrezione;
  • Palazzo Romagnoli: in via Albicini 12, Ospita la collezione permanente del Novecento e molte mostre temporanee. Fu dimora signorile, poi sede scolastica e infine centro espositivo. Una trasformazione che racconta l’anima mutevole di Forlì;
  • Palazzo Guarini: Corso Garibaldi 94, costruito per volere della nobile famiglia Guarini, il palazzo affaccia su una delle vie principali del centro. Il portale in pietra e le finestre decorate testimoniano l’importanza sociale dei suoi abitanti.
  • Palazzo Hercolani: tra i più scenografici della città, si trova in via Maroncelli n 10. La facciata imponente e gli interni decorati da affreschi rendono questo edificio una tappa imprescindibile. Oggi sede generale dell’Unieuro
  • Palazzo Sangiorgi: in corso Garibaldi 98, sede del Liceo Musicale “Angelo Masini”, è un luogo dove l’arte continua a vivere. L’edificio conserva splendidi dettagli liberty e una corte interna che merita di essere scoperta.
  • Palazzo Sassi Masini: si trova in via Sassi, in angolo nascosto della città, è una vera perla. Con i suoi interni decorati e una storia legata alla nobiltà rurale, è uno dei luoghi più affascinanti e riservati della città. Oggi residenza universitaria.
  • Palazzo Foschi Numai: è uno dei pochi esempi di urbanistica medievale rinascimentale presente in città. Costruito dalla famiglia Foschi nel XIII secolo, l’edificio si distingue per la facciata ordinata e armoniosa. Il piano terra conserva ancora un aspetto rinascimentale, oltre al giardino all’italiana vi è un cortile porticato su tre lati del quattrocento. Oggi sede del museo ornitologico (via Pedriali 12)

Conclusione: un viaggio tra storia, arte e accoglienza

Passeggiare tra i palazzi storici di Forlì è come sfogliare un libro di pietra, dove ogni edificio racconta un capitolo diverso della nostra città: dalle residenze nobiliari agli istituti religiosi, dagli spazi culturali alle architetture rinascimentali, ogni facciata e ogni salone parlano di epoche passate, di personaggi illustri e di una comunità che ha saputo evolversi senza dimenticare le proprie radici.

Se desideri vivere questa atmosfera unica in prima persona, ti invito a soggiornare a “Il Pozzo degli Aforismi”, la mia accogliente locazione turistica pensata proprio per chi ama scoprire l’anima autentica del territorio. Un luogo curato, confortevole e pieno di piccoli dettagli.

E se hai già visitato qualcuno di questi palazzi, oppure ne conosci altri che ti hanno colpito, lascia un commento qui sotto: il tuo contributo arricchisce il blog e può ispirare altri viaggiatori curiosi come te!

Rocca di Ravaldino: un viaggio nella storia e nei misteri di Forlì

Nel cuore di Forlì, tra le vie del centro si erge la Rocca di Ravaldino, un tempo baluardo di potere e simbolo di resistenza. Non è solo una fortezza: è una pagina viva della storia forlivese, raccontata pietra dopo pietra, segnata da assedi, prigionie, segreti e una donna straordinaria: Caterina Sforza.

Oggi ti accompagno alla scoperta di questo luogo che ha vissuto assedi, trasformazioni e leggende, e che ancora oggi conserva il fascino dei tempi passati.

Le origini della Rocca di Ravaldino

La rocca nasce nel XIII secolo, nel quartiere Ravaldino, all’estremità occidentale della città. Fin dall’inizio, la sua funzione era chiara: difendere la città. In quel periodo in cui Forlì era un crocevia strategico di potere e interessi politici.

Pensa alla città medievale: vicoli stretti, case in legno e la necessità di difendersi da attacchi esterni. Fu proprio questa esigenza a dare vita alla Rocca, una fortezza costruita con l’obiettivo di proteggere la città. La sua posizione strategica, vicino all’antico canale di Ravaldino, ne faceva un punto nevralgico per il controllo del territorio.

Nel tempo, la fortezza subì numerosi ampliamenti sotto i vari signori di Forlì, in particolare sotto la signoria degli Ordelaffi, e divenne sempre più imponente: bastioni, torri, mura spesse e un fossato la rendevano pressoché inespugnabile, una delle fortificazioni più solide della Romagna.

Un tempo rifugio e baluardo di difesa, oggi è testimone silenziosa di un passato tumultuoso.

Caterina Sforza e la difesa della Rocca

Di Lorenzo di Credi – https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1331245

Se c’è un nome che risuona nei corridoi della Rocca, è quello di Caterina Sforza. Duchessa, condottiera, madre e stratega, prese il controllo della città dopo la morte del marito Girolamo Riario, sfidando apertamente gli Ordelaffi e le trame politiche dell’epoca.

Nel 1488, durante un tumultuoso assedio, quando i nemici occuparono la città e presero in ostaggio i suoi figli minacciando di ucciderli, Caterina, che non voleva arrendersi, dal bastione della Rocca gridò: “fate dei miei figli ciò che volete, ho qui lo stampo per farne altri.” e si sollevò la sottana mostrando il pube.
Un’affermazione potente, un grido di resistenza che riecheggia ancora nelle mura della fortezza, una frase diventata simbolo del suo carattere fiero e della sua leggendaria forza d’animo.

Grazie alla sua determinazione e all’appoggio di fedeli armati, la Rocca resistette. Caterina riconquistò il potere, dimostrando al mondo la forza di una donna sola contro tutto e tutti. Per questo è ancora oggi ricordata come “la Tigre di Forlì”.

Da fortezza a carcere: secoli di trasformazioni

foto di Manuela Domenica Pari

Con la conquista dello Stato Pontificio, la Rocca perse la sua funzione militare primaria, diventando carcere pontificio. Durante l’epoca napoleonica venne smantellata parzialmente, ma tornò ad essere luogo di detenzione anche nel periodo successivo.

Per oltre un secolo, è stata carcere maschile della città, chiuso solo alla fine del Novecento. Dietro le sue mura hanno vissuto non solo soldati e nobili, ma anche detenuti comuni e politici. Un luogo di reclusione, ma anche di memorie.

La Rocca oggi: un tesoro da riscoprire

Oggi la Rocca di Ravaldino è in fase di valorizzazione e restauro. Seppur non ancora completamente visitabile, è possibile ammirarne l’esterno, scoprire parte del fossato, i bastioni e partecipare a visite guidate speciali organizzate da enti culturali locali.

Il suo recupero è un passo importante per restituire alla città uno dei suoi simboli più potenti. Un patrimonio storico e architettonico che merita di tornare a vivere, anche attraverso mostre, eventi e iniziative culturali.

Curiosità e leggende

  • Si racconta che nei sotterranei della Rocca si trovino cunicoli e passaggi segreti che un tempo collegavano il castello alla città vecchia.
  • Alcuni alchimisti al servizio di Caterina Sforza avrebbero condotto esperimenti segreti all’interno della fortezza.
  • Nelle celle del carcere furono rinchiusi personaggi noti, tra cui resistenti antifascisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Visitare la Rocca: consigli utili

  • Dove si trova: in viale Salinatore, facilmente raggiungibile a piedi da Piazza Saffi
  • Quando visitarla: in occasioni di aperture straordinarie, Giornate FAI, visite teatralizzate
  • Nei dintorni da vedere: la Chiesa di San Biagio, il canale di Ravaldino, il Museo di San Domenico

Tieniti aggiornato sul sito ufficiale del Comune di Forlì e sulle pagine social delle associazioni culturali per sapere quando poter entrare nella Rocca!

Conclusione

La Rocca di Ravaldino è molto più di un edificio: è la memoria viva di Forlì, testimone silenziosa di lotte, passioni, segreti e speranze. Un luogo da conoscere, rispettare e valorizzare, per non perdere il legame con le nostre radici.

E tu? Hai mai passeggiato accanto alla Rocca? Conoscevi la storia di Caterina Sforza? Scrivimi nei commenti o raccontami la tua esperienza: sarò felice di leggerla!


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Pasqua e Pasquetta in Romagna: usi, costumi, tradizioni ed eventi 2025

La Pasqua in Romagna è un momento speciale, che unisce la spiritualità delle celebrazioni religiose alla convivialità delle tavole imbandite. Qui, le tradizioni si tramandano da generazioni e ogni famiglia ha i propri riti e piatti tipici per festeggiare questa ricorrenza. Dal Venerdì Santo con le suggestive processioni, alla Domenica di Pasqua con il pranzo in famiglia, fino alla Pasquetta all’insegna di gite fuori porta e scampagnate, ogni angolo della Romagna offre qualcosa di unico da vivere.


Tradizioni Pasquali in Romagna

Le tradizioni in Romagna sono per lo più legate alla tavola, cibo e vino da noi la fanno sempre da padroni, alle scampagnate e alle uova, simbolo della Pasqua.

Vediamone alcune:

  • La Benedizione delle Uova: Le uova sono il simbolo della Pasqua per eccellenza. In molte località romagnole, il Sabato Santo le famiglie portano in chiesa un cestino di uova per farle benedire. Questo gesto antico simboleggia il rinnovamento della vita e viene seguito dalla classica tradizione di mangiarle sode il giorno di Pasqua in famiglia.
  • La Sagra e Palio dell’Uovo di Tredozio: A Tredozio, sull’Appennino forlivese, si tiene una delle manifestazioni più curiose della Pasqua romagnola: la Sagra e Palio dell’Uovo. Questo evento prevede una serie di giochi legati all’uovo, mostre, spettacoli, fino ad arrivare alle gare di sfogline e alla famosa gara dei mangiatori di uova sode Una tradizione unica che attira visitatori da tutta la regione!
  • La Pagnotta Pasquale e il Bracciatello: Specialità della zona di Sarsina e Cesena, la Pagnotta Pasquale è un pane dolce lievitato, simile a un panettone rustico. Ogni famiglia ha la sua ricetta segreta, ma l’impasto di base include farina, zucchero, uova, burro e lievito naturale. Una fetta di pagnotta con un bicchiere di Sangiovese è il modo perfetto per iniziare la festa! Un altro dolce tipico della Pasqua in Romagna è il Bracciatello, una ciambella profumata all’anice, preparata per contenere l’uovo soda da mangiare in famiglia a colazione.

Cosa mangiare a Pasqua in Romagna?

I piatti della tradizione! La Pasqua in Romagna è un tripudio di sapori autentici e ricette tramandate da secoli.

La tradizione prevede una colazione con uovo sodo benedetto (uno a testa), con bracciatello o pagnotta pasquale e salame contadino. Il salame, fatto in casa nel periodo di dicembre, veniva mangiato per la prima volta a Pasqua, dopo il periodo di stagionatura si aspettava la mattina di Pasqua per assaggiarne il sapore.

A pranzo i piatti tradizionali variano da zona a zona. Diciamo però che i primi la fanno da padroni.

Dopo un antipasto a base di piadina, formaggi e affettati, solitamente segue un primo tipico come le lasagne con sfoglia verde, tagliatelle, strozzapreti o tortelli alle ortiche.

Di secondo si varia dal classico agnello al forno con patate al coniglio alla cacciatora. verdure di stagione come carciofi asparagi o erbe di campo.

Per finire Ciambella romagnola inzuppata nell’albana dolce o la classica colomba

Pasquetta in Romagna: idee per una gita fuori porta

Dopo il pranzo pasquale, la Pasquetta è dedicata alle gite e ai picnic. Ecco alcuni posti perfetti per trascorrere una giornata all’aria aperta in Romagna:

  • Cascata dell’Acquacheta: Un’escursione alla scoperta della spettacolare cascata citata da Dante nella Divina Commedia. Perfetta per chi ama la natura e il trekking!
  • San Leo e la sua Rocca: Uno dei borghi più affascinanti d’Italia, con una fortezza imponente che offre un panorama mozzafiato sulla Valmarecchia. Perfetto per un picnic con vista!
  • Bertinoro, il balcone della Romagna: Tra vigneti e colline, Bertinoro è famoso per la sua ospitalità e il vino Sangiovese. Qui si può passeggiare nel centro storico e gustare un pranzo in una trattoria tipica.
  • Lidi Ravennati e Delta del Po: Il giorno di Pasquetta è tradizione fare un picnic in pineta lungo la costa adriatica. I lidi ravennati offrono spiagge tranquille e aree attrezzate per una giornata all’insegna del relax, mentre il Parco del Delta del Po regala scenari unici tra fenicotteri e valli d’acqua.
  • Brisighella e il Sentiero dell’Asino: Uno dei borghi più belli d’Italia, con un percorso panoramico tra la Rocca, la Torre dell’Orologio e il Santuario del Monticino. Perfetto per una giornata tra storia e natura.

Eventi in Romagna per il ponte di Pasqua 2025

Quest’anno, grazie al susseguirsi di ponti prendendo pochi giorni di ferie si riesce a staccare dal lavoro ben 16 giorni un’opportunità in più per venire a trovarci in Romagna che in questo periodo è ricca di eventi. Qui a seguire te ne segnalo alcuni, ma maggiori informazioni puoi trovarle sul sito Visit Romagna.

  • Processione del Cristo morto a Portico di Romagna venerdi 18 aprile;
  • Fiera dell’agnello a santa sofia il 21 aprile;
  • Rocca noir visita della rocca di Verucchio a lume di candela venerdi 18 aprile;
  • Pasqua diffusa a Bellaria Igea Marina dal 19 al 21 aprile;
  • Pedalata dei fenicotteri a sant’Alberto di Ravenna dal 18 al 21 aprile.

Conclusione

La Pasqua in Romagna è un’esperienza che va oltre la semplice festività: è un tuffo nelle tradizioni, nei sapori e nei paesaggi di una terra autentica e accogliente. Se vuoi scoprire ancora di più su questa meravigliosa regione, continua a seguire il nostro blog!

Hai già deciso dove trascorrere la tua Pasqua in Romagna? Scrivilo nei commenti! E se cerchi un posto tranquillo dove soggiornare il Pozzo degli Aforismi è quello che fa per te.

Castrocaro Terme e Terra del Sole: un viaggio tra storia, benessere e bellezza medievale

Se cerchi una destinazione che unisca benessere, storia e panorami mozzafiato, Castrocaro Terme e Terra del Sole sono la scelta perfetta. In questo territorio, situato tra Forlì e le prime colline dell’Appennino, i due borghi ricchi di fascino, dove le terme e l’architettura rinascimentale, si fondono con un passato medievale di grande importanza.

Oggi ti porto alla scoperta di ogni angolo di questa meravigliosa destinazione, di questo territorio unico!

Un po’ di storia

La zona di Castrocaro e Terra del Sole è abitata fin dall’epoca romana, grazie alla sua posizione strategica lungo la valle del Montone. Nel Medioevo, Castrocaro divenne un importante baluardo della Repubblica Fiorentina, mentre Terra del Sole nacque nel 1564 per volere di Cosimo I de’ Medici come città fortificata perfetta, destinata a difendere i confini del Granducato di Toscana.

Ancora oggi, questi due borghi raccontano una storia affascinante attraverso le loro architetture e tradizioni.

Castrocaro: il fascino di un borgo medievale

Castrocaro Terme custodisce un borgo medievale affascinante, ricco di storia, arte e tradizioni.

Passeggiando per le sue vie acciottolate, si possono ammirare piazze, chiese e palazzi storici che raccontano secoli di vicende:

Chiesa SS Nicolò e Francesco Di Mongolo1984 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org
  • Piazza Garibaldi e il Palazzo Piancastelli la piazza principale di Castrocaro è dominata dal Palazzo Piancastelli, questo splendido edificio è un esempio perfetto di architettura signorile dell’epoca. Nella piazza si svolgono eventi e manifestazioni che animano il centro del borgo;
  • la Chiesa dei SS. Nicolò e Francesco chiesa risalente al XIII secolo, custodisce importanti opere d’arte e una bellissima facciata rinascimentale. All’interno si possono ammirare pregevoli dipinti e affreschi;
  • il Palazzo dei Commissari un tempo sede del potere fiorentino, si affaccia su un suggestivo panorama medievale;
  • la Torre Campanaria invece, è un elemento caratteristico del borgo e offre una vista imperdibile sulla vallata;
  • il Battistero situato accanto alla chiesa, il Battistero è un edificio di grande valore storico e artistico, legato alle tradizioni religiose della comunità.
  • la Fortezza di Castrocaro è uno dei simboli del borgo, è una delle fortezze meglio conservate della Romagna. Costruita tra il X e il XIII secolo, offre un viaggio nel passato con le sue torri, le mura possenti e le stanze interne ancora intatte. Da qui, il panorama sulla valle è mozzafiato. Costruita tra il X e il XII secolo, la Fortezza di Castrocaro è un’imponente struttura difensiva che domina la valle. Curiosità: La Fortezza fu uno dei baluardi difensivi della Repubblica Fiorentina e venne menzionata perfino da Dante Alighieri.

Castrocaro Terme: Un’oasi di benessere

Grand Hotel terme Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org

Le acque termali di Castrocaro sono famose fin dall’epoca romana per le loro proprietà terapeutiche.

Nel corso del Novecento, le terme hanno vissuto il loro massimo splendore, diventando un luogo di villeggiatura per l’alta società.

Oggi, le terme continuano a essere un punto di riferimento per chi cerca cure naturali e percorsi benessere.

Il complesso termale offre piscine, trattamenti di bellezza e un moderno centro medico specializzato nella riabilitazione. Offre inoltre percorsi di benessere e trattamenti basati su acque sulfuree e fanghi naturali, perfetti per rilassarsi e rigenerarsi

Il Parco delle Terme

Un’area verde incantevole circonda le strutture termali, offrendo sentieri, piante secolari le celebri fonti di acque salsobromoiodiche, note per le loro proprietà terapeutiche e un’atmosfera di quiete assoluta.

Un’oasi verde perfetta per passeggiate e relax prima o dopo un trattamento termale.

Terra del Sole: la città ideale dei Medici

Bastione di Terra del Sole Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org

Terra del Sole è una cittadella fortificata voluta nel 1564, da Cosimo I De’ Medici, Granduca di Toscana, e rappresenta un capolavoro di urbanistica militare perfettamente conservata.

Con le sue mura possenti, le sue porte monumentali e suoi palazzi storici, Terra del Sole è una città fortezza che racconta una storia di potere, difesa e ingegno architettonico, un raro esempio di “città ideale” rinascimentale.

Terra del Sole, ai tempi, era un avamposto difensivo e amministrativo, concepito secondo i canoni urbanistici rinascimentali, con una pianta razionale e una netta divisione degli spazi tra funzioni civili, militari e religiose.

Le porte della città

Porta Fiorentina accoglie i visitatori con la sua imponenza. Era l’accesso principale per chi proveniva da Firenze e rappresentava un simbolo del potere mediceo sulla regione.

Porta Romana sul lato opposto, si affaccia verso Forlì, un’altra testimonianza del ruolo strategico della città-fortezza come punto di collegamento tra la Toscana e lo Stato Pontificio.

Entrambe le porte conservano ancora oggi stemmi e decorazioni dell’epoca, che raccontano il prestigio e l’importanza politica di Terra del Sole.

Palazzi storici

Il Palazzo Pretorio era il centro del potere amministrativo e giudiziario della città. Qui risiedevano i governatori fiorentini e si tenevano processi e riunioni. Oggi l’edificio ospita mostre ed eventi culturali, mantenendo vivo il legame con la storia del borgo.

Palazzo del Capitano di Artiglieria ospitava il comandante militare della cittadella e la guarnigione che difendeva Terra del Sole. La sua architettura solida e austera riflette la funzione difensiva dell’edificio.

La Pieve di Santa Reparata: il cuore religioso di Terra del Sole è una chiesa imponente a navata unica che unisce elementi rinascimentali e barocchi.

Monte Poggiolo: un’antica roccaforte nei dintorni

A pochi chilometri da Terra del Sole si trova Monte Poggiolo, un’altura strategica dove sorgeva un’antica fortezza, un vero e proprio avamposto militare.

La Rocca, in mattoni, a forma di quadrilatero irregolare ha quattro torrioni cilindrici agli angoli del fortilizio.

Questo luogo ha una storia antichissima: scavi archeologici hanno portato alla luce reperti preistorici risalenti al Paleolitico, rendendolo uno dei siti più antichi d’Europa.

Conclusione: Un viaggio tra storia, arte e relax

Castrocaro Terme e Terra del Sole sono due perle della Romagna che meritano di essere scoperte. Che tu voglia rilassarti alle terme, esplorare borghi medievali o ammirare architetture rinascimentali, qui troverai un’esperienza unica e autentica.

Sei mai stato a Castrocaro e Terra del Sole? Condividi la tua esperienza nei commenti!

Se vuoi scoprire altri angoli nascosti della Romagna, continua a seguire il blog e vieni a trovarci a Il Pozzo degli Aforismi dista soli 7 km da Castrocaro, è il luogo perfetto per il tuo soggiorno in Romagna!

L’Abbazia di San Mercuriale: Un Viaggio nel Cuore di Forlì

Il simbolo per eccellenza di Forlì è senza dubbio l’Abbazia di San Mercuriale, un luogo che racconta secoli di storia, arte e leggenda. Con il suo maestoso campanile che domina la città, questo straordinario complesso medievale è una tappa imperdibile per chi visita Forlì.

Scopriamo insieme la storia, l’arte e le leggende che circondano questo gioiello medievale, immergendoci in un viaggio dalle sue origini fino ai giorni nostri.

Un tuffo nel passato: le origini dell’Abbazia

Immagina di trovarti in un’epoca lontana, agl’inizi del cristianesimo, quando Forlì era ancora un piccolo centro abitato, in crescita, sotto l’Impero Romano. L’Abbazia di San Mercuriale sorgeva allora al di fuori delle mura cittadine, separata dal resto della città dal placido scorrere del canale di Ravaldino, l’attuale Piazza Saffi era un grande orto.

Questo luogo di culto era un punto di riferimento per la comunità cristiana locale guidata da San Mercuriale.

La storia dell’Abbazia è avvolta nel mistero, e ancora oggi gli studiosi si interrogano sulle sue origini. Alcuni ritengono che la prima cattedrale di Forlì sorgesse proprio qui, prima di essere trasferita nell’attuale Duomo di Forlì. Altri, invece, sostengono che l’Abbazia fosse un semplice centro plebano fuori città.

Fotografia di inizio Novecento che mostra come appariva l'abbazia (prima dei lavori di restauro del 1921) dopo secoli di continui rimaneggiamenti - wikipedia commons
Fotografia di inizio Novecento che mostra come appariva l’abbazia (prima dei lavori di restauro del 1921) dopo secoli di continui rimaneggiamenti – wikipedia commons

Una cosa è certa: questo luogo ha un fascino antico e suggestivo, che ci riporta alle radici della nostra civiltà.

Un’evoluzione continua: l’Abbazia dal Medioevo ai giorni nostri

Nel corso dei secoli, l’Abbazia ha subito numerosi interventi di restauro e trasformazioni, che ne hanno modificato e ampliato l’aspetto e la funzione.

  • Nel Medioevo, dopo un devastante incendio nel 1173, l’Abbazia fu ricostruita in stile romanico e divenne un importante centro monastico benedettino, oltre che un punto di riferimento per i pellegrini che percorrevano la via Romea. I monaci benedettini residenti non solo si dedicavano alla preghiera, ma erano impegnati nella trascrizione di manoscritti e nell’amministrazione della città, contribuendo allo sviluppo della comunità locale;
  • nel Rinascimento, grazie al mecenatismo delle famiglie nobili locali, l’Abbazia si arricchì di cappelle e opere d’arte, ma nonostante i numerosi interventi ha sempre mantenuto il suo fascino austero e solenne;
  • durante l’occupazione napoleonica, i monaci furono espulsi e l’abbazia subì danni e spoliazione di beni;
  • tra il XIX e il XX secolo, pur rimanendo parrocchia, perse il suo ruolo di centro monastico. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i bombardamenti alleati causarono gravi danni all’edificio. Nel 1958 papa Giovanni XXIII la elevò alla dignità di basilica minore;
  • Oggi L’abbazia di San Mercuriale è un importante simbolo di Forlì e un luogo di culto attivo.

Un gioiello architettonico: l’esterno della chiesa

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L’esterno della chiesa colpisce per la sua semplicità e solidità. La facciata in mattoni a vista, tipica dell’architettura romanica, è scandita da archetti ciechi e lesene che ne accentuano la verticalità.

Al centro si apre un elegante portale in marmo bianco, impreziosito da bassorilievi raffiguranti scene bibliche e motivi simbolici. Sopra il portale si trova un rosone che illumina l’interno della chiesa con una luce soffusa e mistica.

Lasciatemelo dire: San Mercuriale è un vero e proprio spettacolo per gli occhi!

Il Campanile: la torre che domina Forlì

Il Campanile di San Mercuriale domina il panorama della città ed è visibile da chilometri di distanza.

Costruito nel 1180, questo capolavoro dell’architettura romanica lombarda alto circa 75 metri, è uno dei più alti d’Italia tra quelli in stile romanico.

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La struttura del campanile, con la sua solida muratura in mattoni, con bifore e trifore che si alternano lungo i piani superiori, conferisce alla torre una leggerezza visiva che contrasta con la sua massiccia imponenza.

La sua costruzione ha richiesto grande maestria ingegneristica, con soluzioni architettoniche atte a garantirne la stabilità nonostante l’altezza. E’ un perfetto esempio dell’architettura medievale pensata per durare nei secoli.

Questo capolavoro dell’architettura romanica, con la sua forma slanciata e la sua guglia in mattoni, è stato preso a modello per la ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia.

Per chi ama le sfide, è possibile salire i suoi numerosi gradini e godere di una vista spettacolare su Forlì e sulle dolci colline romagnole. Dalla sua sommità, nelle giornate più limpide, è persino possibile scorgere il Mar Adriatico all’orizzonte.

Il chiostro e il convento: un’oasi di pace

Varcando l’ingresso laterale, si accede al chiostro: uno degli angoli più suggestivi dell’abbazia.

Qui, il tempo sembra fermarsi: le colonne in cotto finemente decorate sorreggono arcate armoniose che delimitano uno spazio verde, perfetto per una pausa meditativa.

Un tempo, il chiostro era il cuore della vita monastica, un luogo di preghiera ,studio e lavoro per i frati benedettini.

Al centro del chiostro si trova un antico pozzo, utilizzato per raccogliere l’acqua piovana, a testimonianza dell’autosufficienza della comunità.

Oggi il chiostro è un luogo aperto ai visitatori, ideale per una pausa contemplativa o per immergersi nella storia dell’abbazia.

L’interno della chiesa: un tesoro d’arte

Entrando nell’abbazia, si viene subito avvolti da un’atmosfera solenne e antica. La navata centrale, con le sue colonne in mattoni e le luci soffuse che filtrano dalle vetrate, trasporta il visitatore direttamente nel cuore del Medioevo.

Le tre navate, sorrette da possenti colonne, conducono lo sguardo verso l’altare maggiore, dove si trova il sarcofago di San Mercuriale, una straordinaria opera in marmo del XIII secolo, decorata con scene della vita del santo.

Di Sailko – Opera propria, CC BY-SA 4.0, – commons.wikimedia.org

Passeggiando tra le navate dell’Abbazia, possiamo ammirare le testimonianze delle diverse epoche, dalle colonne romaniche del portale alle lunette affrescate del chiostro, dalle pale d’altare rinascimentali ai monumenti funebri di illustri personaggi.

L’interno dell’Abbazia è un vero e proprio scrigno d’arte, dove possiamo ammirare opere di grandi maestri del passato:

  • La navata destra ospita il monumento funebre di Barbara Manfredi, un capolavoro rinascimentale in marmo, realizzato per la giovane moglie di Pino III Ordelaffi, signore di Forlì. La delicatezza dei dettagli lo rende una delle opere più raffinate del periodo. La cappella del Palmezzano, con affreschi e pale d’altare di questo celebre pittore forlivese.
  • La navata centrale, invece, è un trionfo di affreschi, con le 23 lunette che raccontano la vita di San Giovanni Gualberto.
  • Infine, la navata sinistra ci conduce alla cappella del Santissimo Sacramento e alla cappella Ferri, dove possiamo ammirare altre opere d’arte di grande valore.

Ogni angolo dell’Abbazia racconta una storia, e ci invita a riflettere sul nostro passato.
Tra le opere d’arte custodite all’interno spiccano:

  • numerose opere del XIV secolo, attribuiti alla scuola riminese, che narrano episodi biblici con colori vivaci e dettagli raffinati;
  • il crocifisso ligneo medievale, un’opera di grande intensità espressiva che richiama la devozione popolare dell’epoca;
  • l’affresco della Madonna con Bambino, attribuito alla scuola di Giotto, questa splendida raffigurazione è una delle più importanti testimonianze dell’arte sacra a Forlì;
  • l’Arca di San Mercuriale: un’opera gotica che custodisce le reliquie del santo patrono della città.

Perché l’Abbazia è dedicata a San Mercuriale?

L’Abbazia prende il nome da San Mercuriale, primo vescovo di Forlì e figura centrale nella diffusione del cristianesimo in città. Secondo la tradizione, Mercuriale visse tra il IV e il V secolo e si distinse per la sua opera di evangelizzazione e protezione della comunità cristiana locale.

Una delle leggende più affascinanti narra che il Santo abbia sconfitto un drago che minacciava Forlì, simbolo del paganesimo e delle eresie dell’epoca.

Dopo la sua morte, le sue spoglie furono venerate dai fedeli e sepolte proprio nell’area dove oggi sorge l’Abbazia. Nei secoli successivi, la chiesa divenne un importante luogo di pellegrinaggio e il nome di San Mercuriale rimase legato indissolubilmente alla città.

Ancora oggi, la sua figura è venerata come protettore di Forlì e la sua storia si intreccia con le radici più profonde della città.

Leggende e curiosità

Forlì è una città ricca di leggende, e San Mercuriale non fa eccezione.

Oltre a quella appena citata del Santo che sconfigge il drago, una delle curiosità più suggestive narra dell’esistenza di cripte segrete e passaggi sotterranei che collegavano l’abbazia alla Rocca di Ravaldino, residenza della celebre Caterina Sforza.

Sebbene non vi siano prove concrete, questa ipotesi affascina storici e appassionati di misteri.

Un episodio storico di grande impatto è quello legato alla Seconda Guerra Mondiale.

Nel novembre del 1944, le truppe tedesche in ritirata, minarono il campanile, che rappresentava un punto di riferimento strategico per l’artiglieria nemica, per raderlo al suolo.

In questa situazione drammatica, intervenne Don Pippo (Monsignor Giuseppe Prati), figura carismatica e determinata, che si adoperò per scongiurare la distruzione del campanile. Grazie alla sua mediazione con gli ufficiali tedeschi, riuscì a convincerli a risparmiare l’edificio.

Grazie all’opera di Don Pippo, il campanile di San Mercuriale rimase in piedi. La cittadinanza, riconoscente di questo gesto, ha sempre apprezzato il suo eroismo, tanto da dedicargli la piazza attigua alla chiesa.

Un luogo da vivere

Oggi, l’Abbazia di San Mercuriale è un luogo vivo e pulsante, che continua a svolgere un ruolo importante nella vita della città. Oltre ad essere un luogo di culto, l’Abbazia ospita eventi culturali e mostre d’arte, che ne fanno un punto di riferimento per la comunità locale e per i visitatori.

Dopo la visita, a questo luogo magico, simbolo della città, concediti una passeggiata in Piazza Saffi e magari una sosta in uno dei caffè storici per assaporare l’atmosfera unica di questa città.

Spero che questo mio scritto ti sia piaciuto e ti abbia fatto venire voglia di visitare l’Abbazia di San Mercuriale. Ti aspetto a Forlì, per scoprire insieme le meraviglie di questa città.

Se vuoi scoprire di più su Forlì e sulla Romagna, continua a seguire il nostro blog e a condividere i nostri post.

Se stai cercando un posto accogliente dove soggiornare, Il Pozzo degli Aforismi ti aspetta con il suo fascino autentico e ospitalità calorosa. Prenota subito la tua esperienza forlivese!

Cappelletti: un simbolo della cucina romagnola

Se c’è un piatto che racconta la Romagna autentica, quello è senza dubbio il cappelletto. Protagonista dei pranzi domenicali e delle festività, il cappelletto in brodo è una tradizione che resiste al tempo. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un piccolo cappello, ma attenzione a non confonderlo con il tortellino bolognese, con cui ha molte differenze.

In questo mio scritto ti farò scoprire la storia di questa specialità, le sue peculiarità rispetto al tortellino e, naturalmente, ti lascio la ricetta autentica per prepararlo a casa.

Storia e origini dei cappelletti romagnoli

I cappelletti hanno una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo.

La prima testimonianza scritta risale al XV secolo, ma è nel XIX secolo, con il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, che il piatto trova la sua consacrazione. Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrive una ricetta dei cappelletti romagnoli, evidenziandone il ripieno a base di formaggi e petto di cappone.

Nella tradizione popolare, il cappelletto era, ed è tutt’oggi considerato un piatto di festa, servito soprattutto nei pranzi di Natale e nelle ricorrenze di famiglia, ma oggi è un’icona della cucina romagnola in tutte le stagioni.

Cappelletti vs. Tortellini: le differenze fondamentali

Una delle domande più frequenti riguarda la differenza tra cappelletti romagnoli e tortellini bolognesi. Ecco i principali aspetti distintivi:

  • Ripieno:
    • I cappelletti romagnoli hanno un ripieno a base di formaggi (ricotta, formaggio morbido e parmigiano), noce moscata e talvolta petto di cappone.
    • I tortellini bolognesi contengono carne maiale (lombetto, prosciutto crudo e mortadella).
  • Sfoglia:
    • La pasta dei cappelletti è leggermente più spessa, per esaltare il ripieno.
    • Quella dei tortellini è più sottile e raffinata.

Modo di servirli: Sia i cappelletti che i tortellini sono tradizionalmente serviti in brodo di cappone o manzo..

La ricetta autentica dei cappelletti romagnoli

Come per la Piadina Romagnola, ogni Azdora ha la sua ricetta di famiglia, rigorosamente segreta; c’è chi mette la noce moscata e chi una grattatina di scorza di limone, chi usa il raviggiolo e chi lo squacquerone o lo stracchino e chi segue la ricetta di “Pellegrino Artusi” e chi sostituisce il petto di cappone con mortadella tritata.

Poi ci sono le “discussioni” sulle dimensioni chi li fa piccolissimi e chi un pò più grandicelli.

Se vuoi preparare i veri cappelletti di Romagna, ecco la ricetta tradizionale più diffusa.

Ingredienti per la pasta (per 4 persone):

  • 400 g di farina 00
  • 4 uova
  • Un pizzico di sale

Ingredienti per il Compenso (ripieno):

  • 200 g di formaggio morbido (raviggiolo/squacquerone/stracchino);
  • 200 g di ricotta;
  • 150 g di parmigiano grattugiato;
  • un pizzico di noce moscata;
  • un pizzico di sale;
  • un pizzico di pepe;
  • una grattatina di scorza di limone (opzionale).

Ingredienti per il brodo:

  • Per un buon brodo ci vuole un assortimento di carne (muscolo, punta di petto, biancostato, polpa di spalla, nervetti, osso, lingua e cappone)
  • cipolla,
  • sedano,
  • carota e odori a scelta (ad esempio grani di pepe e chiodi di garofano)
  • sale grosso q.b.

Preparazione:

  1. Per prima cosa preparare il brodo seguendo la ricetta della tradizione;
  2. Preparare il ripieno: mescolare ricotta, raviggiolo, parmigiano, uovo, noce moscata, sale e pepe fino a ottenere un composto omogeneo.
  3. Preparare la sfoglia: disporre la farina a fontana, rompere le uova al centro e impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico.
  4. Stendere la sfoglia sottile e ritagliare quadratini di circa 4/6 cm per lato.
  5. Farcire i quadratini con un cucchiaino di ripieno, piegarli a triangolo e chiuderli unendo le due estremità per formare il classico “cappelletto”.
  6. Cuocere i cappelletti in brodo per circa 5 minuti e servire caldi.

Come gustarli al meglio ?

I cappelletti si gustano tradizionalmente in brodo di carne , cappone o di manzo, ma oggi esistono anche versioni più moderne con condimenti diversi e freschi da essere gustati anche nei periodo estivi. Sono ottimi serviti anche con panna e parmigiano, panna e prosciutto, ragù o pasticciati (panna e ragù).

Per un’esperienza autentica, accompagnali con un buon bicchiere di Sangiovese di Romagna o con un bianco come l’Albana Secco.

Dove gustare i veri cappelletti in Romagna

Per assaporare i cappelletti romagnoli nella loro forma più autentica, il consiglio è di provarli nelle trattorie e agriturismi della Romagna, dove la tradizione si tramanda da generazioni. Ogni zona ha le sue varianti e segreti di famiglia, ma il risultato è sempre lo stesso: un piatto ricco di storia e sapore.

Se vuoi vivere un’esperienza completa, molte di queste realtà offrono la possibilità di assistere alla preparazione dei cappelletti, dalle sapienti mani di una “vera sfoglina romagnola“, che con maestria crea la pasta fresca e chiude ogni cappelletto a mano.

Un’occasione perfetta per immergersi nella cultura gastronomica locale!

E se vuoi goderti il meglio della Romagna, soggiorna a Il Pozzo degli Aforismi di Forlì, è l’ideale per scoprire la Romagna e il suo territorio.Vicino a tutto, lontano dalla confusione” qui potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa.

Conclusione

I cappelletti di Romagna sono un piatto che racchiude storia, tradizione e autentico sapore romagnolo. Se non li hai mai provati, è il momento giusto per farlo! Puoi prepararli in casa seguendo la ricetta o venire a gustarli nelle migliori trattorie della nostra terra. Buon appetito!

NB le sapienti mani che vedi nell’immagine multipla sono della Chef Barbara Lucchi del ristorante “La vecia cantena d’la pre’ ” a Predappio Alta.

Bertinoro tra storia, vino e panorami mozzafiato

Se sei alla ricerca di un borgo affascinante, dove la storia incontra il buon vino e la tradizione dell’ospitalità romagnola, Bertinoro è la meta perfetta. Arroccato su una collina a pochi chilometri da Forlì e da Cesena, questo piccolo gioiello medievale offre panorami spettacolari e un’atmosfera autentica, che ti farà sentire subito a casa. Conosciuto come il “Balcone della Romagna”, Bertinoro è il luogo ideale per una gita fuori porta, un pranzo tipico con vista sulle colline o una degustazione di vini locali.

Oggi ti guiderò alla scoperta della sua storia, delle sue attrazioni principali e delle esperienze da non perdere.

Un tuffo nella storia di Bertinoro

Bertinoro ha una storia affascinante che affonda le radici nell’antichità, ma è nel Medioevo che diventa un centro strategico e ricco di fascino.

  • Dalle Origini al Medioevo: nel Medioevo, Bertinoro si sviluppò attorno alla sua imponente Rocca, costruita per proteggere il territorio dalle invasioni barbariche. Nel XIII secolo fu un importante centro guelfo, prima sotto il dominio della famiglia Mainardi e poi sotto il controllo della Chiesa nel 1302;
  • dal Rinascimento all’Ottocento: nel XV secolo, il borgo fu conquistato da Cesare Borgia, ma tornò presto sotto lo Stato Pontificio. Nei secoli successivi, Bertinoro divenne un centro religioso e culturale vivace, frequentato da studiosi e intellettuali. Con l’Unità d’Italia (1861), perse il suo ruolo strategico, ma continuò a distinguersi per la sua agricoltura e, soprattutto, per la produzione di vini pregiati come Albana e Sangiovese;
  • dalla Guerra ai giorni nostri: nel XX secolo, Bertinoro ha saputo valorizzare la sua storia e le sue tradizioni, trasformandosi in una meta turistica amata per il suo fascino autentico. Oggi, tra le antiche stradine e i panorami mozzafiato, Bertinoro è il luogo ideale per chi cerca storia, buon vino e un’accoglienza calorosa, proprio come vuole la tradizione romagnola.

Cosa vedere a Bertinoro: un borgo tra storia e panorami

Passeggiare per il centro storico di Bertinoro è come fare un salto indietro nel tempo. Le sue strade lastricate, le case in pietra e gli edifici storici raccontano secoli di storia e cultura.

Il cuore di Bertinoro conserva ancora oggi la sua struttura medievale. Due delle antiche porte d’accesso, Porta San Romano e Porta Malatesta, testimoniano il passato fortificato del borgo. Questi varchi, un tempo parte delle mura difensive, introducono il visitatore in un’atmosfera d’altri tempi, tra vicoli stretti e scorci panoramici.

Piazza della Libertà e il Palazzo Comunale

Piazza della Libertà: è il cuore pulsante di Bertinoro, chiamata non a caso il “Balcone della Romagna”, da qui puoi ammirare un panorama spettacolare che si estende dalle colline romagnole fino alla costa adriatica. È il luogo perfetto per sedersi a un tavolino, gustare un buon bicchiere di vino e lasciarsi incantare dalla bellezza del paesaggio.

E’ uno dei luoghi più suggestivi del borgo.

Sulla piazza affaccia il Palazzo Comunale, edificio di origine medievale che oggi ospita l’amministrazione locale e conserva elementi architettonici di pregio.

La Torre Civica e la Rocca

Un altro simbolo di Bertinoro è la Torre Civica, che con il suo orologio scandisce il tempo della vita del borgo. Poco distante si erge la Rocca di Bertinoro, un’imponente fortezza medievale che domina il paese dall’alto della collina. Costruita tra il XII e il XIII secolo, la Rocca ha ospitato personaggi illustri come Francesco Baracca, Dante Alighieri e il Barbarossa. Oggi la Rocca ospita il Centro Universitario di Bertinoro e il Museo Interreligioso, un interessante spazio dedicato al dialogo tra Cristianesimo, Ebraismo e Islam. Dalla Rocca si gode di una vista mozzafiato.

La Cattedrale di Bertinoro e il Palazzo Ordelaffi

La Cattedrale di Santa Caterina d’Alessandria, situata poco distante dalla Rocca, è un altro luogo di interesse. Costruita nel 1500, conserva ancora oggi opere d’arte e affreschi di pregio. Accanto alla cattedrale si trova il Palazzo Ordelaffi, un tempo residenza della nobile famiglia che governò Bertinoro nel Rinascimento.

La Colonna dell’Ospitalità: il cuore dell’accoglienza romagnola

La tradizione più bella di Bertinoro è quella legata alla Colonna dell’Ospitalità, un monumento medievale che rappresenta il valore sacro dell’accoglienza.

Costruita nel 1200, questa colonna è formata da dodici anelli, ciascuno appartenente a una famiglia nobile del paese. I forestieri che arrivavano a Bertinoro potevano legare il loro cavallo a uno di questi anelli e venivano ospitati per la notte dalla famiglia corrispondente.

Ancora oggi, ogni primo weekend di settembre si celebra la Festa dell’Ospitalità, un evento che riporta in vita questa tradizione e trasforma Bertinoro in un luogo di incontro e condivisione. una festa che racconta ancora oggi lo spirito di accoglienza romagnolo.

Significato e origine del nome: Bertinoro

La leggenda narra che Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, durante un viaggio sostò in un paesino chiamato Monte Uccellaccio. qui per ristorarla i suoi abitanti le diedero da bere un vino bianco, l’Albana, servito in un’umile coppa di terracotta e, stupita dalla sua bontà, esclamò: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!” Da qui nacque il nome Bertinoro, simbolo della tradizione vinicola del borgo.

I dintorni di Bertinoro: Polenta e Fratta Terme

Il comune di Bertinoro comprende anche località suggestive come Polenta e Fratta Terme, mete perfette per una gita nei dintorni.

  • Polenta, il borgo di Dante: è un piccolo borgo conosciuto per la sua Pieve di San Donato, una chiesa romanica citata persino da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Questo luogo conserva un fascino mistico e una storia antichissima, ed è una meta perfetta per chi ama l’arte e la spiritualità.
  • Fratta Terme, benessere e relax: A pochi chilometri da Bertinoro si trova Fratta Terme, rinomata per le sue sorgenti termali. Qui è possibile concedersi una giornata di relax passeggiando nel parco termale, (13 ettari di estensione)al cui interno si trova il pozzo romano e sono distribuite diverse fontanelle di acque termali. Per i più giovani, il parco ospita un parco avventura. attualmente gli stabilimenti termali sono chiusi.

Le sagre e le tradizioni di Bertinoro

Bertinoro è un borgo che vive di tradizioni, e le sue sagre ne sono la testimonianza più autentica. Tra gli eventi più importanti troviamo:

  • Festa dell’Ospitalità (primo weekend di settembre): celebra l’antica tradizione dell’accoglienza con rievocazioni storiche e momenti conviviali.
  • Sagra della Albana e del Sangiovese (primavera): un evento dedicato ai vini simbolo della Romagna, con degustazioni e visite alle cantine.

Personaggi illustri di Bertinoro

Bertinoro ha dato i natali o è stato legato a diverse figure di rilievo nella storia e nella cultura italiana. Tra i personaggi più celebri ricordiamo:

  • Aldo Spallicci (1886-1973): medico, poeta e politico, Spallicci è stato un grande promotore della cultura romagnola. Ha scritto numerose poesie in dialetto e si è battuto per la valorizzazione delle tradizioni locali.
  • Arnaldo Pambianco (1935-2022): ciclista professionista, Pambianco ha vinto il Giro d’Italia nel 1961. La sua impresa rimane una delle più grandi pagine dello sport romagnolo, rendendolo un’icona dello sport italiano.
  • Francesca da Polenta, meglio conosciuta come Francesca da Rimini: protagonista di una delle storie d’amore più celebri della letteratura italiana, raccontata da Dante nella Divina Commedia. Sebbene sia più legata a Rimini, la sua famiglia, i Da Polenta, ebbero un forte legame con Bertinoro, dove risiedettero a lungo.

Questi personaggi, con le loro vite e imprese, hanno lasciato un segno nella storia di Bertinoro e contribuito a rendere ancora più affascinante questo borgo ricco di cultura e tradizione.

Conclusione: perché visitare Bertinoro?

Bertinoro è un piccolo gioiello della Romagna, perfetto per una giornata all’insegna della storia, della natura e del buon cibo. Se ami i borghi medievali, i panorami mozzafiato e i vini di qualità, non puoi perderti una visita a questo splendido paese. A Bertinoro puoi:

  • Passeggiare tra le stradine medievali, scoprendo scorci pittoreschi e angoli suggestivi;
  • visitare le cantine per una degustazione di vini locali, non te ne pentirai;
  • ammirare il tramonto da Piazza della Libertà, uno dei punti panoramici più belli della Romagna;
  • esplorare il Museo Interreligioso, un luogo unico che racconta il dialogo tra le religioni;
  • cenare in una delle tante osterie o ristorantini tipici.

Dove soggiornare per visitare Bertinoro?

Allora, sei pronto a scoprire il Balcone della Romagna?

Se vuoi esplorare Bertinoro e i suoi dintorni con calma, ti consiglio di scegliere Forlì come base per il tuo soggiorno. A soli 15 km di distanza, potrai goderti la tranquillità della città e raggiungere il borgo in pochi minuti di auto.

Dove dormire? Se cerchi un’accoglienza autentica e un’atmosfera unica, il posto giusto è Il Pozzo degli Aforismi, una locazione turistica accogliente e curata, perfetta per immergersi nell’anima della Romagna.

Situato nel cuore di Forlì, Il Pozzo degli Aforismi è l’ideale per chi vuole scoprire Bertinoro e i suoi dintorni, i Musei San Domenico, la Piazza Saffi e tutto il territorio romagnolo, spostandosi comodamente.

Dopo una giornata tra storia, vino e panorami mozzafiato, potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa. Il pozzo degli aforismi vicino a tutto lontano dalla confusione!

Prenota il tuo soggiorno e vivi la Romagna come un vero local!

NB l’immagine di copertina è stata presa da wikipedia e l’autore è Baccolini.

Museo San Domenico di Forlì: un viaggio tra arte, storia e cultura

Hai mai visitato un museo che sembra raccontarti la sua storia attraverso le sue mura? Il Museo San Domenico di Forlì è proprio così: un luogo dove il fascino del passato si intreccia con l’arte, creando un’esperienza unica.

Ospitato in un antico convento domenicano, oggi è uno dei poli museali più prestigiosi d’Italia, con una ricca collezione permanente e mostre temporanee di livello internazionale. Scopriamo insieme la sua storia e le meraviglie che custodisce.

Dalla spiritualità all’arte: la storia del complesso di San Domenico

Il Museo San Domenico sorge all’interno di un convento fondato dai frati domenicani nel XIII secolo. Questo luogo, nel corso dei secoli, è stato testimone di trasformazioni radicali, passando da centro religioso a simbolo culturale della città.

Dal convento medievale alla grande ristrutturazione rinascimentale

Secondo le fonti storiche, i frati domenicani si stabilirono a Forlì già agli inizi del 1200. Il cuore del loro complesso monastico era la Chiesa di San Giacomo Apostolo, ancora oggi visitabile.

Nel corso del XVI secolo, il convento subì un’importante trasformazione grazie a donazioni e al lascito testamentario di Pino III Ordelaffi (1480). Il progetto di ristrutturazione, affidato all’architetto Agostino da Mantova e realizzato da Francesco da Calvisana, introdusse:

  • Due ampi chiostri con un elegante loggiato rinascimentale
  • Un dormitorio con 40 celle
  • Una biblioteca imponente, completata nel 1544, con tre navate e 19 banchi per lato
  • Un’aula di teologia per la formazione dei domenicani

L’abbandono e la rinascita come polo culturale

Durante l’epoca napoleonica, il convento venne confiscato e trasformato in caserma militare. Successivamente, nel 1866-67, divenne proprietà dello Stato, ma il lungo periodo di abbandono portò al degrado dell’edificio.

Nel 1978, parte della copertura e della facciata sud crollarono, rendendo urgente un intervento di recupero.

Nel 2000 iniziò un grande progetto di restauro che restituì nuova vita al complesso, trasformandolo in un moderno polo museale. La prima grande mostra, inaugurata nel 2006, fu dedicata a Marco Palmezzano, il maestro del Rinascimento romagnolo.

Cosa vedere al Museo San Domenico?

Visitare il Museo San Domenico significa immergersi in un viaggio tra arte, architettura e storia. Le sue sale ospitano opere straordinarie, mentre gli spazi espositivi accolgono mostre di livello internazionale.

La Pinacoteca Civica

La collezione permanente offre un percorso artistico che attraversa secoli di storia. Tra le opere più significative troviamo capolavori di:

  • Melozzo da Forlì – Il maestro della prospettiva rinascimentale;
  • Beato Angelico – Con dipinti di straordinaria intensità spirituale;
  • Guido Cagnacci – Celebre per la sensualità delle sue figure barocche.

La Chiesa di San Giacomo Apostolo

L’ex chiesa conventuale è oggi uno spazio espositivo unico, utilizzato per le grandi mostre temporanee. L’atmosfera suggestiva delle sue navate rende ogni esposizione ancora più emozionante.

Chiesa di San Giacomo

Il Refettorio e i suoi affreschi

Durante i restauri del 1996, sono emersi affreschi del XVI secolo, attribuiti a Girolamo Ugolini. Tra le opere più affascinanti troviamo:

  • Una grande Crocifissione al centro;
  • Episodi della vita di San Domenico sulle pareti;
  • Il miracolo dei pani di San Domenico sulla parete sud.

Le grandi mostre temporanee: appuntamenti da non perdere

I Musei San Domenico sono famosi per le loro mostre di respiro internazionale, che attraggono visitatori da tutta Italia e oltre. Tra le esposizioni più celebri del passato ricordiamo:

  • Piero della Francesca. Indagine su un mito
  • Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt
  • Ulisse. L’arte e il mito

Oltre alle mostre d’arte Il San Domenico di Forlì ha ospitato anche mostre fotografiche di caratura internazionale :

  • Steve McCurry
  • Sebastiao Salgado
  • Elliott Erwitt,
  • Ferdinando Scianna 
  • Eve Arnold

Mostra in corso (2025): Il ritratto dell’artista

Dal 22 febbraio al 29 giugno 2025, il museo ospita “Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso”, una straordinaria esposizione che racconta la storia dell’autoritratto attraverso oltre 300 opere, dall’antichità al Novecento.

  • Come si è evoluta l’immagine di sé nell’arte?
  • Qual è il legame tra l’autoritratto e il moderno concetto di selfie?

Questa mostra è un’occasione imperdibile per scoprire come gli artisti si sono rappresentati nei secoli!

Informazioni utili per la visita

  • Indirizzo: Piazza Guido da Montefeltro, Forlì
  • Orari:
    • Lunedì – Venerdì: 9:30 – 19:00
    • Sabato, Domenica e Festivi: 9:30 – 20:00
    • (biglietteria chiude un’ora prima)
  • Biglietti:
    • Intero: 14€
    • Ridotto: 12€
    • Bambini sopra i 6 anni: 5€
    • Acquistabili anche online

Per maggiori dettagli, visita il sito ufficiale Museo San Domenico Forlì.

Perché visitare il Museo San Domenico?

Se ami l’arte o vuoi scoprire la storia di Forlì attraverso i suoi tesori, il Museo San Domenico è una tappa imperdibile!

Ecco perché vale la pena visitarlo:

  • È uno dei più importanti poli museali d’Italia
  • Ospita mostre di livello internazionale
  • Il complesso architettonico stesso è un capolavoro storico
  • È il luogo perfetto per un viaggio nell’arte e nella storia

Dopo una giornata tra capolavori e cultura, concediti un momento di relax e ospitalità: Il Pozzo degli Aforismi è il rifugio perfetto per un soggiorno a Forlì all’insegna della tranquillità e del comfort.

Forlì ti aspetta: vieni a vivere l’arte ai Musei San Domenico!