Se c’è un evento che incarna lo spirito autentico della Romagna, è la Festa del Falò di Rocca San Casciano. Ogni anno, questo borgo incastonato nella Valle del Montone si accende di luce e passione, portando avanti un’antica tradizione fatta di fuoco, competizione e spettacolo.
Ma quali sono le origini di questa celebrazione? E perché i falò hanno un ruolo così importante nella cultura romagnola? Vediamolo insieme
Le origini della Festa del Falò: dai riti pagani alla tradizione moderna
Il fuoco è un simbolo naturale di vita e passione, sebbene sia l’unico elemento nel quale nulla possa vivere
susanne Katherina Langer
La storia dei falò ha radici profonde, che affondano nei culti pagani legati al fuoco come simbolo di purificazione e rinnovamento. Anticamente, le popolazioni contadine accendevano grandi fuochi per scacciare l’inverno e propiziare un buon raccolto. Questi riti si sono tramandati nel tempo..
A Rocca San Casciano, la tradizione del falòè documentata sin dal Medioevo, ma è nell’Ottocento che assume una forma più strutturata.
I cittadini iniziarono a dividersi in tre rioni, Borgo, Mercato e Buginello (ora assorbito dal borgo) sfidandosi a chi realizzava il falò più grande e spettacolare.
Questa rivalità amichevole è rimasta intatta fino ai giorni nostri, rendendo la festa un appuntamento imperdibile.
I falò in Romagna: un legame con il folklore Locale
Il Falò di Rocca San Casciano non è un caso isolato: in Romagna il fuoco è sempre stato protagonista di numerose celebrazioni popolari. Alcuni esempi:
Le Focarine di San Giuseppe: (fugarène o fogaracce) piccoli falò accesi il 19 marzo per salutare l’arrivo della primavera.
I Lòm a Mérz (i lumi di marzo): falò rurali usati per risvegliare la terra dopo il freddo invernale.
I fuochi della Notte di San Giovanni (24 giugno): legati a riti di purificazione e buon auspicio.
Rocca San Casciano, però, ha trasformato questa tradizione in un vero evento spettacolare, attirando migliaia di visitatori da tutta Italia.
Come si svolge oggi la Festa del Falò di Rocca San Casciano
L’evento si svolge ogni anno nel fine settimana successivo alla Pasqua e segue un programma ben definito:
Costruzione dei pagliai: per settimane, i rioni Borgo e Mercato accumulano legna, potature e ginestre per creare imponenti piramidi di fuoco.
La sfilata dei rioni: gli abitanti si vestono con i colori della propria squadra e sfilano per le vie del paese con carri allegorici, tamburi e fiaccole
L’accensione dei falò: il momento clou della serata! Le enormi cataste vengono incendiate, illuminando il cielo e creando un’atmosfera unica.
I fuochi d’artificio e la festa in piazza: dopo i falò, la festa continua con botti, musica, spettacoli pirotecnici e danze fino a tarda notte.
Cosa vedere e fare durante la festa
Se stai programmando di partecipare alla Festa del Falò, ecco alcuni consigli su cosa non perdere:
Assistere alla sfilata dei rioni: sfilata dei carri allegorici, colori, musica e tradizione in un mix travolgente.
Vivere l’accensione dei falò: un’esperienza emozionante, soprattutto se vista dal ponte sul Montone.
Provare la cucina romagnola: nelle osterie della vallata troverai piatti tipici come cappelletti, piadina e salumi nostrani.
Esplorare Rocca San Casciano: un borgo affascinante con scorci pittoreschi e una storia tutta da scoprire.
La rivalità tra Borgo e Mercato è talmente sentita che, per settimane, gli abitanti evitano di attraversare il territorio dell’altro rione! Si dice che, se il falò brucia rapidamente e con fiamme alte, l’anno sarà prospero.
In passato, i ragazzi dei due rioni tentavano di sabotarsi a vicenda rubando la legna avversaria!
Vieni a scoprire la Romagna e il suo spirito più autentico!
Hai mai assistito a un falò così spettacolare? Se ami le tradizioni, i riti antichi e l’atmosfera di festa, la Festa del Falò di Rocca San Casciano è l’evento perfetto per te.
Raccontami nei commenti se hai mai partecipato o se hai qualche aneddoto da condividere!
E se vuoi goderti l’esperienza senza preoccupazioni, prenota il tuo soggiorno al Pozzo degli Aforismi: una locazione turistica nel cuore della Romagna, perfetta per scoprire il territorio e vivere la magia delle sue tradizioni. Il pozzo degli aforismi si trova a fra Forlì e Castrocaro a venti minuti di auto da Rocca san Casciano.
Se c’è un piatto che racconta la Romagna autentica, quello è senza dubbio il cappelletto. Protagonista dei pranzi domenicali e delle festività, il cappelletto in brodo è una tradizione che resiste al tempo. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un piccolo cappello, ma attenzione a non confonderlo con il tortellino bolognese, con cui ha molte differenze.
In questo mio scritto ti farò scoprire la storia di questa specialità, le sue peculiarità rispetto al tortellino e, naturalmente, ti lascio la ricetta autentica per prepararlo a casa.
“I caplèt i n’ha mai fat mèl a inciòn!” (I cappelletti non hanno mai fatto male a nessuno!)
detto romagnolo
Storia e origini dei cappelletti romagnoli
I cappelletti hanno una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo.
La prima testimonianza scritta risale al XV secolo, ma è nel XIX secolo, con il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, che il piatto trova la sua consacrazione. Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, descrive una ricetta dei cappelletti romagnoli, evidenziandone il ripieno a base di formaggi e petto di cappone.
Nella tradizione popolare, il cappelletto era, ed è tutt’oggi considerato un piatto di festa, servito soprattutto nei pranzi di Natale e nelle ricorrenze di famiglia, ma oggi è un’icona della cucina romagnola in tutte le stagioni.
Cappelletti vs. Tortellini: le differenze fondamentali
Una delle domande più frequenti riguarda la differenza tra cappelletti romagnoli e tortellini bolognesi. Ecco i principali aspetti distintivi:
Ripieno:
I cappelletti romagnoli hanno un ripieno a base di formaggi (ricotta, formaggio morbido e parmigiano), noce moscata e talvolta petto di cappone.
I tortellini bolognesi contengono carne maiale (lombetto, prosciutto crudo e mortadella).
Sfoglia:
La pasta dei cappelletti è leggermente più spessa, per esaltare il ripieno.
Quella dei tortellini è più sottile e raffinata.
Modo di servirli: Sia i cappelletti che i tortellini sono tradizionalmente serviti in brodo di cappone o manzo..
La ricetta autentica dei cappelletti romagnoli
Come per la Piadina Romagnola, ogni Azdora ha la sua ricetta di famiglia, rigorosamente segreta; c’è chi mette la noce moscata e chi una grattatina di scorza di limone, chi usa il raviggiolo e chi lo squacquerone o lo stracchino e chi segue la ricetta di “Pellegrino Artusi” e chi sostituisce il petto di cappone con mortadella tritata.
Poi ci sono le “discussioni” sulle dimensioni chi li fa piccolissimi e chi un pò più grandicelli.
Se vuoi preparare i veri cappelletti di Romagna, ecco la ricetta tradizionale più diffusa.
Ingredienti per la pasta (per 4 persone):
400 g di farina 00
4 uova
Un pizzico di sale
Ingredienti per il Compenso (ripieno):
200 g di formaggio morbido (raviggiolo/squacquerone/stracchino);
200 g di ricotta;
150 g di parmigiano grattugiato;
un pizzico di noce moscata;
un pizzico di sale;
un pizzico di pepe;
una grattatina di scorza di limone (opzionale).
Ingredienti per il brodo:
Per un buon brodo ci vuole un assortimento di carne (muscolo, punta di petto, biancostato, polpa di spalla, nervetti, osso, lingua e cappone)
cipolla,
sedano,
carota e odori a scelta (ad esempio grani di pepe e chiodi di garofano)
Preparare il ripieno: mescolare ricotta, raviggiolo, parmigiano, uovo, noce moscata, sale e pepe fino a ottenere un composto omogeneo.
Preparare la sfoglia: disporre la farina a fontana, rompere le uova al centro e impastare fino a ottenere un composto liscio ed elastico.
Stendere la sfoglia sottile e ritagliare quadratini di circa 4/6 cm per lato.
Farcire i quadratini con un cucchiaino di ripieno, piegarli a triangolo e chiuderli unendo le due estremità per formare il classico “cappelletto”.
Cuocere i cappelletti in brodo per circa 5 minuti e servire caldi.
Come gustarli al meglio ?
I cappelletti si gustano tradizionalmente in brodo di carne , cappone o di manzo, ma oggi esistono anche versioni più moderne con condimenti diversi e freschi da essere gustati anche nei periodo estivi. Sono ottimi serviti anche con panna e parmigiano, panna e prosciutto, ragù o pasticciati (panna e ragù).
Per un’esperienza autentica, accompagnali con un buon bicchiere di Sangiovese di Romagna o con un bianco come l’Albana Secco.
Dove gustare i veri cappelletti in Romagna
Per assaporare i cappelletti romagnoli nella loro forma più autentica, il consiglio è di provarli nelle trattorie e agriturismi della Romagna, dove la tradizione si tramanda da generazioni. Ogni zona ha le sue varianti e segreti di famiglia, ma il risultato è sempre lo stesso: un piatto ricco di storia e sapore.
Se vuoi vivere un’esperienza completa, molte di queste realtà offrono la possibilità di assistere alla preparazione dei cappelletti, dalle sapienti mani di una “vera sfoglina romagnola“, che con maestria crea la pasta fresca e chiude ogni cappelletto a mano.
Un’occasione perfetta per immergersi nella cultura gastronomica locale!
E se vuoi goderti il meglio della Romagna, soggiorna a Il Pozzo degli Aforismi di Forlì, è l’ideale per scoprire la Romagna e il suo territorio. “Vicino a tutto, lontano dalla confusione” qui potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa.
Conclusione
I cappelletti di Romagna sono un piatto che racchiude storia, tradizione e autentico sapore romagnolo. Se non li hai mai provati, è il momento giusto per farlo! Puoi prepararli in casa seguendo la ricetta o venire a gustarli nelle migliori trattorie della nostra terra. Buon appetito!
NB le sapienti mani che vedi nell’immagine multipla sono della Chef Barbara Lucchi del ristorante “La vecia cantena d’la pre’ ” a Predappio Alta.
Se sei alla ricerca di un borgo affascinante, dove la storia incontra il buon vino e la tradizione dell’ospitalità romagnola, Bertinoro è la meta perfetta. Arroccato su una collina a pochi chilometri da Forlì e da Cesena, questo piccolo gioiello medievale offre panorami spettacolari e un’atmosfera autentica, che ti farà sentire subito a casa. Conosciuto come il “Balcone della Romagna”, Bertinoro è il luogo ideale per una gita fuori porta, un pranzo tipico con vista sulle colline o una degustazione di vini locali.
Oggi ti guiderò alla scoperta della sua storia, delle sue attrazioni principali e delle esperienze da non perdere.
Un tuffo nella storia di Bertinoro
Bertinoro ha una storia affascinante che affonda le radici nell’antichità, ma è nel Medioevo che diventa un centro strategico e ricco di fascino.
Dalle Origini al Medioevo: nel Medioevo, Bertinoro si sviluppò attorno alla sua imponente Rocca, costruita per proteggere il territorio dalle invasioni barbariche. Nel XIII secolo fu un importante centro guelfo, prima sotto il dominio della famiglia Mainardi e poi sotto il controllo della Chiesa nel 1302;
dal Rinascimento all’Ottocento: nel XV secolo, il borgo fu conquistato da Cesare Borgia, ma tornò presto sotto lo Stato Pontificio. Nei secoli successivi, Bertinoro divenne un centro religioso e culturale vivace, frequentato da studiosi e intellettuali. Con l’Unità d’Italia (1861), perse il suo ruolo strategico, ma continuò a distinguersi per la sua agricoltura e, soprattutto, per la produzione di vini pregiati come Albana e Sangiovese;
dalla Guerra ai giorni nostri: nel XX secolo, Bertinoro ha saputo valorizzare la sua storia e le sue tradizioni, trasformandosi in una meta turistica amata per il suo fascino autentico. Oggi, tra le antiche stradine e i panorami mozzafiato, Bertinoro è il luogo ideale per chi cerca storia, buon vino e un’accoglienza calorosa, proprio come vuole la tradizione romagnola.
O Bertinoro, ché non fuggi via, poi che gita se n’è la tua famiglia e molta gente per non esser ria?
Dante Alighieri, Divina Commedia, purgatorio, Canto XIV.
Cosa vedere a Bertinoro: un borgo tra storia e panorami
Passeggiare per il centro storico di Bertinoro è come fare un salto indietro nel tempo. Le sue strade lastricate, le case in pietra e gli edifici storici raccontano secoli di storia e cultura.
Il cuore di Bertinoro conserva ancora oggi la sua struttura medievale. Due delle antiche porte d’accesso, Porta San Romano e Porta Malatesta, testimoniano il passato fortificato del borgo. Questi varchi, un tempo parte delle mura difensive, introducono il visitatore in un’atmosfera d’altri tempi, tra vicoli stretti e scorci panoramici.
Piazza della Libertà e il Palazzo Comunale
Piazza della Libertà: è il cuore pulsante di Bertinoro, chiamata non a caso il “Balcone della Romagna”, da qui puoi ammirare un panorama spettacolare che si estende dalle colline romagnole fino alla costa adriatica. È il luogo perfetto per sedersi a un tavolino, gustare un buon bicchiere di vino e lasciarsi incantare dalla bellezza del paesaggio.
E’ uno dei luoghi più suggestivi del borgo.
Sulla piazza affaccia il Palazzo Comunale, edificio di origine medievale che oggi ospita l’amministrazione locale e conserva elementi architettonici di pregio.
La Torre Civica e la Rocca
Un altro simbolo di Bertinoro è la Torre Civica, che con il suo orologio scandisce il tempo della vita del borgo. Poco distante si erge la Rocca di Bertinoro, un’imponente fortezza medievale che domina il paese dall’alto della collina. Costruita tra il XII e il XIII secolo, la Rocca ha ospitato personaggi illustri come Francesco Baracca, Dante Alighieri e il Barbarossa. Oggi la Rocca ospita il Centro Universitario di Bertinoro e il Museo Interreligioso, un interessante spazio dedicato al dialogo tra Cristianesimo, Ebraismo e Islam. Dalla Rocca si gode di una vista mozzafiato.
La Cattedrale di Bertinoro e il Palazzo Ordelaffi
La Cattedrale di Santa Caterina d’Alessandria, situata poco distante dalla Rocca, è un altro luogo di interesse. Costruita nel 1500, conserva ancora oggi opere d’arte e affreschi di pregio. Accanto alla cattedrale si trova il Palazzo Ordelaffi, un tempo residenza della nobile famiglia che governò Bertinoro nel Rinascimento.
La Colonna dell’Ospitalità: il cuore dell’accoglienza romagnola
La tradizione più bella di Bertinoro è quella legata alla Colonna dell’Ospitalità, un monumento medievale che rappresenta il valore sacro dell’accoglienza.
Costruita nel 1200, questa colonna è formata da dodici anelli, ciascuno appartenente a una famiglia nobile del paese. I forestieri che arrivavano a Bertinoro potevano legare il loro cavallo a uno di questi anelli e venivano ospitati per la notte dalla famiglia corrispondente.
Ancora oggi, ogni primo weekend di settembre si celebra la Festa dell’Ospitalità, un evento che riporta in vita questa tradizione e trasforma Bertinoro in un luogo di incontro e condivisione. una festa che racconta ancora oggi lo spirito di accoglienza romagnolo.
Significato e origine del nome: Bertinoro
La leggenda narra che Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, durante un viaggio sostò in un paesino chiamato Monte Uccellaccio. qui per ristorarla i suoi abitanti le diedero da bere un vino bianco, l’Albana, servito in un’umile coppa di terracotta e, stupita dalla sua bontà, esclamò: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!” Da qui nacque il nome Bertinoro, simbolo della tradizione vinicola del borgo.
I dintorni di Bertinoro: Polenta e Fratta Terme
Il comune di Bertinoro comprende anche località suggestive come Polenta e Fratta Terme, mete perfette per una gita nei dintorni.
Polenta, il borgo di Dante: è un piccolo borgo conosciuto per la sua Pieve di San Donato, una chiesa romanica citata persino da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Questo luogo conserva un fascino mistico e una storia antichissima, ed è una meta perfetta per chi ama l’arte e la spiritualità.
Fratta Terme, benessere e relax: A pochi chilometri da Bertinoro si trova Fratta Terme, rinomata per le sue sorgenti termali. Qui è possibile concedersi una giornata di relax passeggiando nel parco termale, (13 ettari di estensione)al cui interno si trova il pozzo romano e sono distribuite diverse fontanelle di acque termali. Per i più giovani, il parco ospita un parco avventura. attualmente gli stabilimenti termali sono chiusi.
Le sagre e le tradizioni di Bertinoro
Bertinoro è un borgo che vive di tradizioni, e le sue sagre ne sono la testimonianza più autentica. Tra gli eventi più importanti troviamo:
Festa dell’Ospitalità (primo weekend di settembre): celebra l’antica tradizione dell’accoglienza con rievocazioni storiche e momenti conviviali.
Sagra della Albana e del Sangiovese (primavera): un evento dedicato ai vini simbolo della Romagna, con degustazioni e visite alle cantine.
Personaggi illustri di Bertinoro
Bertinoro ha dato i natali o è stato legato a diverse figure di rilievo nella storia e nella cultura italiana. Tra i personaggi più celebri ricordiamo:
Aldo Spallicci (1886-1973): medico, poeta e politico, Spallicci è stato un grande promotore della cultura romagnola. Ha scritto numerose poesie in dialetto e si è battuto per la valorizzazione delle tradizioni locali.
Arnaldo Pambianco (1935-2022): ciclista professionista, Pambianco ha vinto il Giro d’Italia nel 1961. La sua impresa rimane una delle più grandi pagine dello sport romagnolo, rendendolo un’icona dello sport italiano.
Francesca da Polenta, meglio conosciuta come Francesca da Rimini: protagonista di una delle storie d’amore più celebri della letteratura italiana, raccontata da Dante nella Divina Commedia. Sebbene sia più legata a Rimini, la sua famiglia, i Da Polenta, ebbero un forte legame con Bertinoro, dove risiedettero a lungo.
Questi personaggi, con le loro vite e imprese, hanno lasciato un segno nella storia di Bertinoro e contribuito a rendere ancora più affascinante questo borgo ricco di cultura e tradizione.
Conclusione: perché visitare Bertinoro?
Bertinoro è un piccolo gioiello della Romagna, perfetto per una giornata all’insegna della storia, della natura e del buon cibo. Se ami i borghi medievali, i panorami mozzafiato e i vini di qualità, non puoi perderti una visita a questo splendido paese. A Bertinoro puoi:
Passeggiare tra le stradine medievali, scoprendo scorci pittoreschi e angoli suggestivi;
visitare le cantine per una degustazione di vini locali, non te ne pentirai;
ammirare il tramonto da Piazza della Libertà, uno dei punti panoramici più belli della Romagna;
esplorare il Museo Interreligioso, un luogo unico che racconta il dialogo tra le religioni;
cenare in una delle tante osterie o ristorantini tipici.
Dove soggiornare per visitare Bertinoro?
Allora, sei pronto a scoprire il Balcone della Romagna?
Se vuoi esplorare Bertinoro e i suoi dintorni con calma, ti consiglio di scegliere Forlì come base per il tuo soggiorno. A soli 15 km di distanza, potrai goderti la tranquillità della città e raggiungere il borgo in pochi minuti di auto.
Dove dormire? Se cerchi un’accoglienza autentica e un’atmosfera unica, il posto giusto è Il Pozzo degli Aforismi, una locazione turistica accogliente e curata, perfetta per immergersi nell’anima della Romagna.
Situato nel cuore di Forlì, Il Pozzo degli Aforismi è l’ideale per chi vuole scoprire Bertinoro e i suoi dintorni, i Musei San Domenico, la Piazza Saffi e tutto il territorio romagnolo, spostandosi comodamente.
Dopo una giornata tra storia, vino e panorami mozzafiato, potrai rilassarti in un ambiente caldo e familiare, proprio come se fossi a casa. Il pozzo degli aforismi vicino a tutto lontano dalla confusione!
Nel cuore della Romagna, dove le tradizioni contadine sono ancora vive, esiste un’usanza che ogni anno, tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo, accende il legame con il passato: Lòm a Mêrz. Questo antico rito agricolo, il cui nome in dialetto significa “Lume a marzo”, si ripete ancora oggi nelle campagne, celebrando la fine dell’inverno e l’inizio di una nuova stagione di speranza e abbondanza.
Ma qual è l’origine di questa tradizione? Come si festeggiava un tempo e come viene celebrata oggi?Con queste mie righe ti guiderò alla scoperta di un pezzo autentico di Romagna, tra storia, folklore e sapori contadini.
Origini e significato di Lòm a Mêrz
Le radici di Lòm a Mêrz affondano in un passato lontano, quando la vita dei contadini era scandita dai ritmi della natura e la terra rappresentava la principale fonte di sostentamento.
Alla fine dell’inverno, con l’arrivo di marzo, si avvicinava il momento della semina, e i contadini sentivano il bisogno di propiziare un raccolto abbondante.
Lom, lom a marz, ogni spiga fazza un barch; un barch, un barcarol, ogni spiga un quartarol.
proverbio
Per farlo, accendevano grandi falò nei campi, simbolo di purificazione e di buon auspicio. Il fuoco, infatti, aveva un duplice scopo: da un lato allontanava gli spiriti maligni e le negatività dell’anno passato, dall’altro riscaldava la terra e segnava il ritorno della luce dopo i lunghi mesi invernali.
Questa pratica ha sicuramente origini pagane, legate ai riti agrari precristiani, ma nel tempo si è intrecciata con la cultura cristiana, diventando un momento di comunità e condivisione.
Attorno ai fuochi si riunivano intere famiglie e vicinati, per mangiare, bere e cantare, rafforzando i legami tra le persone.
Come si festeggiava un tempo
Se potessimo fare un salto indietro nel tempo e immergerci in una serata di Lòm a Mêrz di cento o duecento anni fa, ci troveremmo in una scena affascinante.
I contadini raccoglievano rami secchi, sterpaglie e vecchie fascine per creare grandi cataste di legna nei campi. Al tramonto, con un semplice gesto, il fuoco veniva acceso, e le fiamme illuminavano la notte.
Le famiglie si riunivano attorno al falò, raccontandosi storie, intonando canti popolari e condividendo il cibo preparato per l’occasione.
Uno degli elementi tipici di questa festa era la cucina contadina: si mangiavano piadina calda, formaggi, salumi e, naturalmente, si beveva vino, il robusto Sangiovese della zona. Alcune famiglie preparavano polenta, da gustare con il ragù o con il formaggio di fossa.
Il momento più atteso della serata era la danza attorno al fuoco: uomini e donne ballavano per celebrare la vita e la fertilità della terra.
Il fuoco, elemento centrale del Lòm a Mêrz, ha sempre avuto un forte valore simbolico in molte culture contadine. In Romagna, rappresentava la luce che scaccia le tenebre dell’inverno, purificando la terra e preparandola per le nuove semine. Saltare sopra le fiamme era considerato un gesto di buon auspicio e protezione per l’anno in corso, il fuoco rappresentava la rinascita ed il rinnovamento.
Oggi Lòm a Mêrz non è più una necessità agricola, un rito propiziatorio, ma rappresenta un momento di forte coesione sociale nelle comunità rurali della Romagna. Queste serate oltre a celebrare l’arrivo della primavera, cono anche l’occasione per condividere storie, leggende e tradizioni orali che vengono tramandate di generazione in generazione. Questo momento di aggregazione è fondamentale per rafforzare i legami comunitari e per mantenere viva l’identità culturale della Romagna. E’ un evento culturale che celebra la tradizione romagnola.
Dal 2000, grazie all’impegno dell’Associazione Il Lume a Marzo, questa tradizione è stata riportata in vita con una serie di eventi diffusi in tutta la Romagna.
Ogni anno, tra fine febbraio e inizio marzo, borghi e campagne si animano con rievocazioni storiche, spettacoli folkloristici e degustazioni di prodotti tipici. Ecco alcune delle località dove si festeggia Lòm a Mêrz oggi:
Santarcangelo di Romagna – Uno dei luoghi più suggestivi dove vivere questa tradizione, con eventi nel centro storico e nelle campagne circostanti;
Ravenna e dintorni – Alcuni agriturismi e associazioni organizzano serate a tema con falò, canti e racconti di storie contadine;
Cesena e Forlì – Qui la tradizione si fonde con la cultura gastronomica locale, con eventi dedicati ai sapori tipici della Romagna;
Faenza e il territorio imolese – Dove la celebrazione si intreccia con la storia medievale della città.
Durante queste serate, oltre ai falò, è possibile assistere a spettacoli di musica popolare, laboratori per bambini e racconti di antiche leggende romagnole.
Molti agriturismi e aziende agricole organizzano cene a tema, proponendo piatti della tradizione, Cerca qui la festa che fa per te
I sapori di Lòm a Mêrz: cosa mangiare
Uno degli aspetti più affascinanti di questa festa è senza dubbio il cibo.
Se vuoi vivere appieno l’esperienza di Lòm a Mêrz, e magari ricrearla a casa tua, ecco alcuni piatti tipici da gustare:
Piadina romagnola, da farcire con squacquerone, prosciutto crudo o salsiccia alla brace e cipolla;
Polenta con ragù o formaggio di fossa, un classico della cucina contadina;
Ciambella romagnola, il dolce perfetto per accompagnare un bicchiere di vino dolce;
Saba e mistocchine, la saba è uno sciroppo d’uva che si usa per dolcificare, mentre le mistocchine sono piccole focaccine a base di farina di castagne tipiche delle zona bolognese;
Vino Sangiovese, non può di certo mancare un buon bicchiere di vino rosso, simbolo della Romagna.
Se partecipi a una serata di Lòm a Mêrz, troverai sicuramente questi piatti sulle tavolate, accompagnati da canti e racconti che ti faranno sentire parte della tradizione.
Perché partecipare a Lòm a Mêrz?
Se ami la Romagna e le sue tradizioni, Lòm a Mêrz è un’esperienza che non puoi perdere. È un’occasione per:
Scoprire la cultura contadina e le sue antiche usanze;
Godersi una serata attorno al fuoco, con musica e convivialità;
Assaporare il meglio della cucina romagnola, in un’atmosfera autentica;
Visitare borghi e campagne, immergendoti in una Romagna più intima e genuina.
Ogni anno, sempre più persone si avvicinano a questa festa, riscoprendo il valore della comunità e della condivisione. Se vuoi vivere un momento autentico e speciale, segnati le date e cerca un evento vicino a te: il fuoco di Lòm a Mêrz ti aspetta per illuminare il cammino verso la primavera.
E per rendere la tua esperienza in Romagna ancora più speciale, prenota il tuo soggiorno a “Il Pozzo degli Aforismi”! Ti aspettiamo per farti sentire a casa, con il calore e l’ospitalità tipici della Romagna.
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